Discutere di alleanze politiche per il 2027 può sembrare prematuro, ma è essenziale riflettere sui messaggi degli elettori, spesso trascurati dai politici. Gli elettori cambiano spesso opinione, e i partiti devono guadagnarsi il loro consenso con umiltà, capendo le loro preoccupazioni. Le destre illiberali, sintomo dei fallimenti delle socialdemocrazie, prosperano perché milioni di esclusi si sentono abbandonati. La sinistra, invece di affrontare queste paure, criminalizza gli elettori come populisti e si concentra su questioni marginali, perdendo contatto con la realtà quotidiana della gente.
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Parlare di alleanze per le Politiche del 2027, con questo caldo e queste piogge, non è il massimo. Ma, visti i messaggi, lettere e commenti giunti dopo il mio pezzo di ieri, forse è il caso di riprovarci. Il guaio, temo, è il malvezzo di analizzare i risultati elettorali guardando sempre agli eletti e mai agli elettori. Che in democrazia, come i clienti al ristorante, hanno sempre ragione. Non nel senso che il loro voto sia sempre giusto, anzi: infatti poi quasi sempre lo cambiano. Ma nel senso che sono gli unici titolati a decidere. E chi cerca consensi duraturi deve guadagnarseli armandosi di umiltà e provando a mettersi nei loro panni. Non per applaudirli o per fischiarli, ma per capirli. Perché mezzo milione di italiani esce di casa di domenica per recarsi al seggio e votare Vannacci? Perché, con i disastri combinati fin qui, le destre non calano, anzi salgono? Perché più i grandi media demonizzano i “populisti” e più gli elettori li premiano? Perché dopo Obama arrivò Trump e dopo Biden può tornare Trump? Perché, dopo sette anni di Macron, vince la Le Pen, che ci provava da 13 anni e non ha neppure l’aura della novità? Possibile che gli elettori del “mondo libero”, bravi e saggi finché votavano “bene”, siano diventati tutti fascisti?
Mentre i fini analisti giocano a Risiko spostando un carrarmatino un po’ più al centro e un plotoncino da destra a sinistra o viceversa, la gente normale pensa a tutt’altro. E se ne frega dei ferrivecchi di centro, destra e sinistra che – intendiamoci – esistono nel cuore e nella mente di tante brave persone, ma sono ormai usurati e sputtanati dall’abuso che i partiti ne fanno da troppo tempo. Le destre illiberali e cialtronesche italiane, francesi, tedesche, spagnole, americane, distanti mille miglia da quelle liberaldemocratiche del vecchio conservatorismo, non sono il virus: sono il sintomo dei tradimenti e dei fallimenti delle socialdemocrazie che, travestite da “riformismo”, hanno abbandonato centinaia di milioni di esclusi, invisibili, nuovi poveri, ceti medi impoveriti da globalizzazioni, automazioni, diseguaglianze, intelligenze artificiali, guerre e sanzioni a senso unico, e spaventati da tutto ciò che sentono più grande di loro e vivono come ostile: immigrazione incontrollata, tecnocrazie globaliste, austerità selettive, establishment elitari e castali. E chi dovrebbe prendersi cura delle loro paure – la cosiddetta sinistra – li criminalizza come zotici populisti. Parla di astruserie, tipo cambiare nome alla Festa dell’Unità in Festa dell’Unit* per non offendere le “a” accentate. E, invece di inventare idee e linguaggi popolari per comunicare con loro con un populismo sano e giusto, medita un bel fronte popolare antifa (anzi antif*) per trattarli da fascisti. Quando arriva l’ambulanza?
Il Fatto Quotidiano, 4 luglio 2024