Nel primo “Inside Out” siamo stati condotti al centro di controllo delle operazioni mentali di una bambina, un luogo dove le cinque emozioni – Gioia, Paura, Rabbia, Disgusto e Tristezza – pilotavano ogni sua decisione. Come una cabina di regia affollata e febbrile, questo spazio vibrante ci ha svelato intricati dettagli sulle sfere della memoria e le isole della personalità. Ora, con il seguito, ci ritroviamo negli anni turbolenti dell’adolescenza, accompagnati da un corteo di nuove emozioni. Se da un lato il film strappa qualche risata, dall’altro affronta la transizione adolescenziale come una crisi morale: l’abbandono e il recupero della purezza infantile. Tuttavia, in modo tortuoso e ripetitivo, questa visione Disneyficata non riesce a evocare l’emozione adolescenziale più cruciale di tutte. Forse, i creatori adulti di questo film l’hanno davvero dimenticata?
Una delle più argute implicazioni del primo film era che la narrazione si arrestava proprio prima della crisi della pubertà, rappresentata da un pulsante rosso di panico sulla console, prefigurando un futuro di preoccupazioni e scompigli ancor più dolorosi e indescrivibili. Ora quel momento è giunto – Riley (con la voce di Kensington Tallman) ha 13 anni e un minuscolo brufolo sul mento, che pare non turbarla affatto. Sta per iniziare il liceo e, con le sue due migliori amiche, si dirige a un prestigioso campo di hockey su ghiaccio. Tuttavia, quando Riley scopre che queste due ragazze le hanno tenuto nascosto un segreto, si sente tradita e confusa, decidendo di allontanarsi da loro per frequentare le stelle più grandi e cool del campo, capitanate da Valentina “Val” Ortiz (Lilimar), il che a sua volta ferisce le sue vecchie amiche.
Intanto, le cinque emozioni al comando, capitanate dall’entusiasta Gioia (Amy Poehler), si trovano sconvolte nel constatare che il minimo tocco ai controlli scatena una reazione sproporzionata nella solitamente equilibrata Riley; vediamo crisi di pianto e capricci. Con loro orrore, inoltre, fanno irruzione le nuove emozioni, tra cui Ansia (Maya Hawke) e un Ennui (Adèle Exarchopoulos) sprezzante e indifferente. Queste nuove emozioni lottano con le vecchie guardie per il controllo dell’anima di Riley, mentre il tema delle sfere della memoria e dei personaggi del passato non dimenticato torna a intrecciarsi nella trama.
Ma si può trascorrere molto tempo aspettando l’arrivo dell’emozione adolescenziale più rilevante: l’Amore. Scopriamo che il paesaggio interiore di Riley ospita un imponente “Monte Crushmore” con quattro volti indistinti. Ma questo è quanto. Potrebbe essere che il film eviti la realtà dell’esperienza adolescenziale, o che non voglia entrare in un dibattito sull’identità? Mi chiedo.
In ogni caso, la visione della crescita in “Inside Out 2” non contiene nulla di potente o autentico come la canzone “When She Loved Me” di “Toy Story 2”, ma offre numerosi momenti divertenti, incluso una brillante rappresentazione di ciò che il sarcasmo adolescenziale fa alle placche tettoniche della tua geologia emotiva. E Gioia stessa affronta una vivida crisi di autorità: “Forse è questo che succede quando cresci… provi meno gioia.” Niente affatto, ovviamente: è solo un diverso tipo di gioia. Forse “Inside Out 3”, esplorando gli anni del college di Riley, ci svelerà nuove sfumature di questa gioia.
Peter Bradshaw
The Guardian, 12 giugno 2024