La scena di Bruno Vespa che intervista Chico Forti nel carcere di Verona ha un sapore di ironia amara, considerando che Forti, condannato per omicidio, viene trattato come una celebrità mentre il governo italiano predica la certezza della pena e reprime duramente i dissidenti. Forti, che ha passato 24 anni in un carcere americano, racconta la differenza tra la prigione statunitense e l’accoglienza italiana, mentre Vespa e il governo ne approfittano per fare propaganda politica. Il grottesco culmine si raggiunge con la comparsa di Schettino e una cena all’amatriciana per celebrare l'”eroe” Forti, chiudendo con l’assurda domanda se tornerà a fare surf.
* * *
Sarà per la Q di Cinque minuti a forma di preservativo, sarà per il clima ilare da rimpatriata fra compari, ma la slinguata di Bruno Vespa a Chico Forti nel carcere di Verona ci ha commossi. In fondo siamo un po’ tutti condannati: il surfista ergastolano è in carcere da 24 anni per omicidio premeditato, noi invece ne abbiamo già scontato 28 anni di Porta a Porta senz’aver ammazzato nessuno. Ma è bello avere un governo che predica la “certezza della pena”, fa manganellare i contestatori in piazza, fa arrestare i giornalisti che li raccontano e inventa nuovi reati contro chi balla nei rave party, poi si fa propaganda elettorale con un assassino. E, se si muove Vespa in carne e lingua, vuol dire che l’omicidio paga e porta voti. “Buonasera, Chico, finalmente. Come sta?”. Benone, perché “il carcere a Miami è basato totalmente sulla punizione”, “il principio è che se ti trovi in carcere vuol dire che qualcosa hai fatto e meriti di essere punito” (ma va?). Infatti, per dire, l’hanno rimpatriato senza “neanche i calzini”. Invece in Italia “ho conosciuto valori umani che non trovavo da 24 anni”. In quello che il governo e dunque Vespa dipingono come un inferno giustizialista, l’omicida vola su un Falcon a spese nostre per la modica cifra di 135 mila euro, è accolto dalla premier e naturalmente l’ergastolo è finto. Sono i nostri “valori”. “A Rebibbia e qui mi hanno accolto come un re”: è o non è l’assassino preferito dalla Meloni e dunque da Mediaset (o viceversa)?
Uno gli dice: “C’è il comandante che vuole parlarle” e “ho pensato che fosse uno del penitenziario”. Invece è Schettino, quello che se la svignò dalla Costa Concordia mentre la nave affondava con 32 persone. Lo chiamano ancora “comandante” e incredibilmente è ancora dentro, anziché in qualche lista per le Europee. “Mi ha detto: ‘Chico, sei il mio eroe’. E io, lì, feci qualche pensiero”. Tipo che Paese di merda è l’Italia? Non ne ha avuto il tempo, perché all’eroe hanno organizzato “una spaghettata all’amatriciana”, trattamento tipico per ogni detenuto italiano: perciò si suicidano in tanti (preferiscono la cacio e pepe). Mentre Vespa se lo lecca tutto, uno immagina le domande di Franca Leosini a Storie maledette: qualche lume sulla sua calibro 22 o sulle sue balle per depistare le indagini sull’omicidio di Dale Pike sulla spiaggia di Miami. Invece Vespa chiede dello “sguardo della madre” e di “come si vive l’ergastolo nella convinzione di essere innocente”. Poi il momento spot: “Il suo rapporto con Giorgia Meloni che si è battuta tanto per lei?”. Il sant’uomo la chiama “Giorgia” e racconta che gli telefonò dalla Casa Bianca accanto a Biden (convinto probabilmente di parlare con Zelensky). Gran finale: “Tornerà a fare surf?”. Stessa spiaggia, stesso mare.
Il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2024