Giuseppe Conte: «Meloni ha tradito il popolo. Le toghe? No alla mordacchia»
di Monica Guerzoni
Il leader M5S: serve una soluzione, tra Putin e Zelensky noi scegliamo la popolazione ucraina
Giuseppe Conte, si è pentito di non essersi candidato alle Europee?
«Ho dichiarato sin dall’inizio che non sarei sceso in campo. Candidare il leader di un partito e addirittura il presidente del Consiglio, sapendo che non andranno a Bruxelles, è un malcostume tutto italiano. Un inganno per i cittadini».
Solo lei e Salvini avete rinunciato a candidarvi. Per paura di una batosta?
«Anche per il M55 alcuni esperti avevano quotato dei punti in più grazie alla mia candidatura, ma noi non barattiamo la trasparenza e la buona politica con qualche voto. L’astensionismo si combatte restituendo credibilità alla politica».
Il M55 in Basilicata ha perso due terzi dei voti rispetto al 2019. Qual è la sua asticella per le Europee?
«Le Regionali non sono in alcun modo paragonabili alle Europee. L’obiettivo è avere un nutrito gruppo di parlamentari che si batteranno nei prossimi 5 anni a Bruxelles, senza scendere a compromessi, per imprimere una svolta verso negoziati di pace e fermare la corsa al riarmo. Vogliamo destinare risorse alla sanità, alla giustizia ambientale e sociale e per un reddito europeo di cittadinanza».
L’Italia è scivolata di 5 punti nella classifica della libertà di stampa. Concorda con chi da sinistra denuncia una «deriva orbaniana» del governo?
«La situazione da noi è sempre più preoccupante, ci stiamo distaccando dalle altre democrazie occidentali. Da noi un parlamentare di maggioranza che ha già tre quotidiani nazionali, Angelucci, ora tratta l’acquisto dell’agenzia Agi dall’Eni. Si confezionano leggi bavaglio per i giornalisti e si ipotizzano inasprimenti delle pene per comprimere il diritto di critica».
L’Anm accusa Meloni di «affondare il sistema giudiziario» con la separazione delle carriere. Concorda?
«Con FdI e Lega che si sono scambiati reciproco appoggio su premierato e autonomia differenziata, era evidente che Forza Italia non sarebbe rimasta a guardare. Hanno chiesto di accelerare su una riforma che ha come obiettivo manifesto mettere la mordacchia alla magistratura, asservendola al potere del governo».
Santanchè deve lasciare prima del rinvio a giudizio?
«Di fronte alle motivazioni gravi e circostanziate sulla odiosa truffa dei fondi Covid il M55 ha già presentato la mozione di sfiducia».
Bocciata dal Parlamento.
«Parliamo di una ministra che insultava in tv i cittadini in povertà assoluta, che percepivano poche centinaia di euro, chiamandoli fannulloni. E che, in compagnia della sua leader Meloni, contestava le misure per aiutare lavoratori e imprese durante il Covid».
Deve lasciare o no?
«Se Santanchè avesse avuto dignità politica avrebbe già lasciato. E se Meloni avesse avuto a cuore le istituzioni e non gli interessi di partito l’avrebbe costretta a dimettersi un minuto dopo la divulgazione di notizie così gravi e precise, senza attendere il corso della magistratura».
Non è giustizialismo?
«È responsabilità politica».
La premier le ha dato del cinico per aver messo la parola Pace nel simbolo. È un espediente elettorale, il suo?
«L’espediente elettorale e di marketing è quello di Giorgia Meloni, che si candida capolista ingannando gli italiani per qualche voto in più e utilizza il nome di battesimo sulla scheda per mostrarsi alla mano e vicina ai cittadini».
Non lo è?
«Giorgia il popolo se l’è dimenticato, lo ha tradito. Gli ha voltato le spalle. La situazione è drammatica. Abbiamo il record di 5,7 milioni di poveri assoluti, 4 milioni di lavoratori sottopagati a cui hanno negato il salario minimo e famiglie che stanno perdendo la casa per i mutui».
Non la convince nemmeno il bonus 100 euro?
«Se Giorgia Meloni pensa di affrontare le nuove povertà offrendo nel 2025 a una platea molto ristretta un bonus una tantum di 100 euro tassati, non può dichiarare di essere una del popolo».
Macron che parla di invio di truppe in Ucraina alza la tensione, come dice Crosetto?
«L’unica via di uscita è investire sul negoziato di pace, piuttosto che su continui invii di armi. Tutte le profezie sulla vittoria militare e sul crollo della Russia si sono rivelate fallaci. E Macron, quando prospetta uno scenario da terza guerra mondiale a cui ci stanno portando con questa strategia dell’escalation militare, è meno ipocrita dei nostri governanti».
Meloni e Crosetto sono ipocriti?
«Assolutamente sì, non hanno neppure il coraggio e la trasparenza di dire agli italiani che stiamo mandando missili a lunga gittata, quando in Ucraina scarseggiano gli uomini. Visto che il fronte Nato e il governo italiano non sono stati capaci di costruire una via di uscita alternativa, saranno costretti a confrontarsi anche con l’invio di uomini. Una follia».
Il Pd è diviso tra atlantisti e pacifisti, come Strada e Tarquinio. Lei e Schlein troverete mai una posizione unitaria sulla guerra?
«I nostri candidati saranno costruttori di pace. Stiamo sfiorando la terza guerra mondiale, non possiamo giocare sull’ambiguità, bisogna scegliere da che parte stare».
A proposito, lei sta con Putin o con Zelensky?
«Noi siamo al fianco della popolazione ucraina. Vogliamo arrivare alla soluzione che stiamo predicando da due anni, piuttosto che continuare ad alimentare una guerra e lasciare che gli ucraini muoiano anche per nostro conto».
Firmando i referendum della Cgil per abolire il Jobs act ha aperto lo scontro dentro il Pd. Provoca Elly Schlein perché vuole superarla alle Europee e imporsi come candidato premier?
«Nessuna provocazione, solo una iniziativa politica coerente. La nostra battaglia contro il Jobs act è iniziata a Palazzo Chigi col decreto dignità, che ha contrastato la precarizzazione. Nessuno può chiederci di rinunciare alle nostre battaglie. Ho già detto che il leader della coalizione progressista non si deciderà con queste elezioni Europee».
Corriere della Sera, 4 maggio 2024