di Marco Travaglio
Chi si fosse perso l’“ambiziosa agenda” dei “riformisti del Pd” Ceccanti, Morando e Tonini su Rep di ieri in versione ridotta, può delibare quella integrale (per intenditori e collezionisti) sul sito. Ne vale la pena. I tre statisti non le mandano a dire, com’è abitudine della casa. No al “regresso verso un antagonismo identitario incoerente con la natura stessa del Pd come partito a vocazione maggioritaria” (mai vinto un’elezione da quand’è nato, ma fa niente). Altro che Schlein: qui ci vuole “il partito asse di una credibile alternativa di governo al destra-centro” e, ça va sans dire, “la contendibilità di linea politica e leadership è l’indispensabile corollario del fondativo pluralismo interno”. Per marcare l’alternativa alla Meloni, anzi al destra-centro (col trattino), bisogna inseguirla sul presidenzialismo, sennò si “contraddice una delle architravi della piattaforma” e si “trasferisce gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell’identità stessa del Partito”. Siccome poi le diseguaglianze esplodono e il rapporto fra gli stipendi dei dipendenti e quelli dei manager è passato in 25 anni da 1/10 a 1/100, guai a “insistere sulla priorità della redistribuzione rispetto alla crescita” (semmai l’opposto, come del resto fa già la Meloni col destra-centro). Ove mai non bastasse alle masse per tornare all’ovile, esse andranno ingolosite col “cuneo fiscale”, la “produttività del lavoro e dei fattori” (qualunque cosa significhi), “un penetrante sistema di valutazione che favorisca l’introduzione di forti discriminazioni positive a favore di chi si impegna di più e ottiene migliori risultati” (così si capisce anche penetrante dove) e altre “effettive priorità del Paese”. Leccornie succulente tipo il popolarissimo “Mes” (per non “irritare i partner europei”), il “rigoroso posizionamento euroatlantico” che tanto appassiona il popolo, “il nuovo Patto di Stabilità magistralmente impostato da Draghi” (chi non muore si rivede).
Si attende la reazione della Schlein, anche lei nota per dire pane al pane e vino al vino a beneficio della casalinga di Voghera, a base di “nuovi ponti intergenerazionali”, “essere più terragni”, ma nella “inclusività” e nella “prospettiva intersezionale” che poi, detta più terra terra, è la “visione intersezionale che combatte qualsiasi forma di discriminazione, quelle razziste, sessiste, abiliste, omobilesbotransfobiche”, perché in soldoni “io provo a rimanere sempre in contatto con me stessa, ad ascoltarmi, a capire quando sto tirando troppo, a difendere alcuni spazi”. La Meloni cominci pure a tremare. Il Pd schleiniano e quello riformista saranno pure divisi sull’agenda, ma marciano compatti come falange macedone sull’obiettivo finale: ammazzarla di noia.
Il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2023