Bergoglio e pregiudizio

Papa Francesco era il capo della Chiesa cattolica, dunque nessun capo di governo era tenuto a obbedirgli. Infatti tutti i leader del mondo dal 2013, quando fu eletto, a oggi si sono ben guardati dal seguire le sue parole.

di Marco Travaglio

Papa Francesco era il capo della Chiesa cattolica, dunque nessun capo di governo era tenuto a obbedirgli. Infatti tutti i leader del mondo dal 2013, quando fu eletto, a oggi si sono ben guardati dal seguire le sue parole. E ora che è morto si esercitano in sciacalleschi e ridicoli tentativi di fingersi suoi seguaci. Anziché affannarsi a farci sapere quanto lo adoravano e quanto lui li amava, farebbero meglio a tacere: tutti. Venuto “quasi dall’altro mondo”, Jorge Mario Bergoglio era un Papa dell’altro mondo: lontano dalle vaseline da curia romana e dai pregiudizi del suprematismo euro-occidentale, ha trascorso i 12 anni di pontificato a scacciare i mercanti dal tempio.

Non sappiamo se fosse un santo: non ci compete. Ma sappiamo che non era il santino in cui, a cadavere ancora caldo, i media tentano di trasformarlo: il papa buono, il papa degli ultimi, il papa umano, liberal, riformista, progressista, un nonnetto da fiaba della buona notte per tutti i gusti e le stagioni. Il miglior modo di ricordarlo com’era, e non come lorsignori volevano che fosse e vorrebbero che passasse alla storia, è tramandare le sue parole. Nette, perentorie, inequivocabili. Evangeliche, quindi divisive. Pugni nello stomaco, pietre dello scandalo.

Che c’è di più scandaloso del “porgi l’altra guancia” e dell’“amate i vostri nemici”? Lui li applicava a tutte le guerre e a tutti i riarmi, senza ipocrisie su sedicenti “buoni” e presunti “cattivi”.

“La guerra in Ucraina non è la favola di Cappuccetto Rosso: Cappuccetto Rosso era buona e il lupo cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Emerge qualcosa di globale, con elementi molto intrecciati. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio… molto preoccupato per come si muoveva la Nato. Gli ho chiesto perché, mi ha risposto: ‘Stanno abbaiando alle porte della Russia’”.

“Alcuni Stati si sono impegnati a spendere il 2% del Pil nell’acquisto di armi: sono dei pazzi!”.

“Serve il coraggio della bandiera bianca: il negoziato non è mai una resa”.

“Indagare se a Gaza c’è un genocidio”.

“Disarmare le parole per disarmare le menti e la Terra”.

Fino all’ultimo Angelus di Pasqua: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza di difesa non può trasformarsi in corsa generale al riarmo”.

Parole che gli valsero la taccia di filo-russo, putiniano, antisemita e filo-Hamas da una congrega di farisei e imbecilli che sognano un Papa in mimetica per continuare a fingersi cristiani senza sapere cosa significhi. Lui lo sapeva. Ora si dice: “Morto un papa se ne fa un altro”. Ma è una parola. Chi crede può solo pregare e chi non crede sperare che anche nel prossimo conclave si noti una qualche traccia dello Spirito Santo.

Il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2025

Torna in alto