di Stefano Briganti
Questa settimana europea è stata ricca di eventi di guerra. Come disse Borrell a Kiev il 12 febbraio 2024, “C’è un’altra battaglia che si sta combattendo in questa guerra, una battaglia di narrazioni. Dobbiamo conquistare non solo la terra, ma anche i cervelli… La percezione della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina sarà decisiva”.
La nuova narrazione si fonda sulla costruzione di un nemico: la Russia. Quella “percezione della guerra di aggressione” che consenta di sviluppare la narrazione di un’aggressione all’Europa da parte della Russia. Quindi, come diceva Borrell, non basta solo avere armi, ma anche cervelli pronti a sostenere la battaglia. Da qui discende la narrativa dell’intellighenzia di sinistra incarnata da Scurati.
Partiamo da una sua affermazione che è quasi un grido: “Che fine hanno fatto i nostri guerrieri? Anche le guerre tecnologicamente più evolute necessitano di guerrieri. E noi europei d’Occidente non li abbiamo, non lo siamo, non lo siamo più. Mi riferisco alla svanita combattività di popoli da otto decenni pacificati, demograficamente invecchiati e profondamente gentrificati. Per fare la guerra… resta, ostinato, intrattabile, terribile, anche il bisogno di giovani uomini (e di donne, se volete) capaci, pronti e disposti a usare le armi. Vale a dire di uomini risoluti a uccidere e a morire”.
L’invito di Borrell, il ReArm EU basato su una “percezione della Russia come aggressore”, l’invito ad abbracciare il fucile e combattere, possono essere riassunti dal famoso “Credere, obbedire, combattere”. Credere (operando sulle menti), obbedire (a ciò che dice Bruxelles) e combattere (essere risoluti a combattere e morire).
Sempre Scurati si interroga: “Dove sono finiti i nostri guerrieri? L’apocalisse delle guerre mondiali ha estirpato questa tradizione millenaria (la guerra)… per la prima volta in millenni di storia, i concetti di gloria, onore, coraggio persero ogni significato quando l’uomo europeo giunse alla conclusione che non c’era niente al mondo per cui valesse la pena di morire.” Quindi per Scurati per cosa varrebbe adesso la pena di morire? La Patria? L’Onore? In realtà chi oggi mette la Patria avanti a tutto (e alla Ue) è giudicato un ultra-nazionalista da isolare vedi Orban, Fico, Georgescu, Vucic, Milanovic.
E cosa è accaduto di sconvolgente allo spirito guerriero italiano che gridava “Spezzeremo le reni alla Grecia”? Ce lo dice Scurati riferendosi al dopoguerra: “Nacque allora il romanzo pacifista, una novità assoluta nel panorama delle creazioni umane. Ne conseguì un mutamento addirittura antropologico e dell’organizzazione sociale… Le grandi conquiste europee, e solo europee, del secondo dopoguerra scandiscono questo nostro avanzare regressivo verso forme di vita che estendano a ogni età le cure amorevoli riservate all’infanzia”. Fu questo il male che secondo Scurati avvizzì lo spirito guerriero del popolo quirino romano, quello dei fasci littori? Fu il frutto della pace, ovvero il benessere sociale, ad aver frantumato quello “scoglio euroasiatico popolato di guerrieri feroci, formidabili, orgogliosi e vittoriosi” come scrive Scurati?
Allora che giunga il tempo della battaglia per i cervelli. È tempo di far uscire i giovani dal comodo nido dei social, di sollevarsi dal molliccio no-machismo e dalla palude del woke, temprandosi al mestiere delle armi. È tempo del “Libro e moschetto balilla perfetto”. Secondo Scurati è giunto il momento di tornare alle armi quando afferma “Di tutte le invenzioni europee che hanno plasmato il mondo moderno, quelle in campo bellico sono state probabilmente le più efficaci e influenti”. Non la pensava certo come lui il grande poeta latino Tibullo, quando scriveva: “Chi fu il primo che inventò le spaventose armi? Da quel momento furono stragi e guerre. Si aprì la via più breve alla crudele morte.”
Il Fatto Quotidiano, 17 marzo 2025