Dopo undici anni di rimozioni, silenzi e imbarazzanti depistaggi, arriva la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a mettere nero su bianco quello che in molti hanno tentato di seppellire sotto un mare di propaganda: il massacro di Odessa del 2 maggio 2014 non è stato un episodio di “scontri spontanei” tra opposte fazioni, ma un bagno di sangue facilitato, tollerato e coperto dalle autorità ucraine. La Corte ha stabilito che il governo di Kiev non solo ha fallito nel prevenire la violenza, ma ha anche sabotato qualsiasi tentativo di indagine credibile. Tradotto: hanno lasciato fare e poi hanno insabbiato tutto.
Ora, che la polizia di Odessa fosse tutt’altro che imparziale si sapeva. Lo dicono i video, lo testimoniano i rapporti indipendenti, lo hanno ammesso persino gli stessi tribunali ucraini. Ma la CEDU va oltre e certifica che le autorità “non hanno fatto nulla” per impedire il rogo della Casa dei Sindacati, che hanno ritardato di 40 minuti l’intervento dei vigili del fuoco e che l’intera macchina investigativa è stata concepita per proteggere i colpevoli. In una democrazia normale, una sentenza del genere provocherebbe un terremoto. E invece, silenzio. I media occidentali, così solerti nel denunciare qualsiasi violazione dei diritti umani quando si tratta di paesi nemici, ora improvvisamente perdono la voce.
Per anni ci hanno raccontato che l’Ucraina era il bastione della democrazia contro la barbarie russa, che Maidan era stata una rivoluzione di popolo e che chiunque osasse mettere in dubbio questa narrazione era un servo del Cremlino. Peccato che il rogo di Odessa fosse noto fin dal primo giorno, così come era evidente l’impronta di gruppi ultranazionalisti che avrebbero poi ottenuto incarichi ufficiali nelle forze armate ucraine. Ma guai a parlarne. E guai a ricordare che quell’Ucraina che oggi l’Europa difende a spada tratta è la stessa che, nel 2014, venne consegnata a un governo in cui ministri e funzionari erano selezionati da head hunter privati su mandato occidentale.
Ora il problema non è solo l’Ucraina, ma l’intera narrazione che ci è stata imposta. Perché se oggi la CEDU dice che le autorità di Kiev hanno coperto una strage di civili, allora qualcuno dovrà spiegare perché per anni si è scelto di ignorarlo. Perché abbiamo sentito decine di talk show indignarsi per Bucha o Mariupol, ma mai per Odessa. E soprattutto, perché chiunque abbia provato a sollevare domande è stato trattato come un traditore o un disinformatore.
Dicono che la verità sia la prima vittima della guerra. Ma in questo caso, più che vittima, è stata un’ostaggio: legata, imbavagliata e gettata in una stanza buia per non disturbare la propaganda. Peccato che ogni tanto qualcuno trovi la chiave.
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Judgment Vyacheslavova and Others v. Ukraine – State negligence in clashes between Maidan supporters and opponents in Odesa in May 2014
Press Release – Chamber Judgments | Published On 13/03/2025
Nel caso Vyacheslavova e altri contro Ucraina, la Corte ha ritenuto che vi siano state violazioni del diritto alla vita e all’obbligo di indagine a causa del mancato adempimento, da parte delle autorità, di tutto ciò che ragionevolmente ci si sarebbe potuti aspettare per prevenire la violenza a Odessa il 2 maggio 2014, per fermarla dopo il suo scoppio, per garantire misure tempestive di soccorso alle persone intrappolate nell’incendio e per avviare e condurre un’indagine efficace sugli eventi. Ha inoltre stabilito che vi è stata una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare nei confronti di una ricorrente, a causa del ritardo nella consegna del corpo del padre per la sepoltura.
https://hudoc.echr.coe.int/app/conversion/pdf/?library=ECHR&id=003-8180839-11477923&filename=Judgment%20Vyacheslavova%20and%20Others%20v.%20Ukraine%20-%20State%20negligence%20in%20clashes%20between%20Maidan%20supporters%20and%20opponents%20in%20Odesa%20in%20May%202014.pdf