I traditori d’Europa e la neolingua

Bellicismo di piazza – La chiamata di Serra ha adunato élite militariste ed esaltati guerrafondai su una piattaforma ambigua che dà del putiniano agli assenti. Nonostante la correzione, i dubbi restano

di Daniela Ranieri

Quando Michele Serra ha lanciato su Repubblica, un po’ tanto per dire, l’idea di una manifestazione per sostenere l’Europa, “vaso di coccio” stretto tra le due autocrazie putiniana e trumpiana, e si è visto recapitare molte adesioni, ci sarebbe voluto qualcuno che precisasse subito: va bene, ma di quale Europa parliamo?

Quella di Ventotene, tradita dagli attuali governanti? Quella del 1999 che ha bombardato Belgrado? Quella presente, che decide di armarsi usando 800 miliardi che potrebbero essere spesi per il benessere dei suoi popoli? Invece, forse oltre le buone intenzioni dell’autore, si sono precipitati ad aderire i più esaltati guerrafondai russofobi già atlantisti, e a seguire i soggetti più vari, non perché la piattaforma fosse unificante, al contrario: perché era ambigua. Perché si è dato per scontato che l’alternativa, non aderire, volesse dire ipso facto dichiararsi putiniani e trumpiani. Volete voi l’Europa, con tutte le sue belle libertà, o la povertà delle campagne intorno a Mosca? Volete che a governarvi sia Tajani, o preferite Trump con l’inquietante Musk e gli altri sciroccati con la croce di cenere in testa? Ma questa è un’alternativa fallace e va rifiutata.

Allo stato attuale, la piazza pro-Europa è una manifestazione a favore delle élite militariste europee: invece di dire ai governanti “fermatevi, noi non vi seguiamo in questa follia”, gli si va a dire “bene, forza, avanti così!”.

Serra aveva scritto: la piazza serve a difendere “laway of lifeeuropea”, che a volte ci viene il sospetto non sia più democrazia, diritti, Stato sociale, Sanità pubblica, ripudio della guerra, ma: governo della finanza, imperialismo Usa, aperitivi, selfie, consumismo, privatizzazione della Sanità e della Scuola, spiccioli alla Ricerca, lavoretti precari e tutto l’armamentario del neoliberismo che ci scortica fino all’ultima fibra di umano.

Serra ha scritto un secondo pezzo per precisare che la manifestazione non sarà a favore dell’Europa che si riarma, bensì per l’Europa pacifica. Peccato che la Von der Leyen abbia ribadito proprio ieri che “abbiamo bisogno di un’impennata nella difesa europea… è il momento della pace attraverso la forza”. Ursula definisce Putin un “vicino ostile” che bisogna “scoraggiare” (dotandoci di più di 6 mila testate atomiche, si suppone). Si dà il caso, perciò, che l’Europa reale sia precisamente un’Europa che si riarma: un Parlamento destituito di ogni potere che osserva inebetito una Commissione la cui presidente, ex ministra della Difesa tedesca, decide che la Russia, che ha sconfitto il nazismo, è nostra nemica, e che si spendono (ma i pacifisti-attraverso-la guerra preferiscono dire “mobilitano”) 800 miliardi di euro per la presunta difesa da essa. Cosa aspettarsi da un progetto che si chiama ReArm Europe? (Stante la furbata imminente di cambiargli nome lasciandolo inalterato).

Insomma, il secondo pezzo di Serra sembrava un appello a non partecipare alla manifestazione promossa dall’autore col primo.

Questa, si dice, è anche una piazza contro Trump. In effetti Trump è un personaggio squallido. Ma, inopinatamente, non si va a manifestare contro i suoi difetti, bensì per l’unico pregio che ha, cioè voler cessare la guerra favorendo un accordo con Putin, cosa che avrebbe dovuto fare l’Europa, visto che è più buona e più sana, fin dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina, centinaia di migliaia di morti fa e a condizioni migliori per l’Ucraina. Ciò che stanno facendo le élite europee e i governanti delle singole nazioni specie la nostra, invece, è portarci esattamente verso il modello americano: una società oligarchica in cui comandano i miliardari, la Sanità è privata, le elezioni sono inutili, l’edilizia non è più popolare, ma solo per i ricchi.

La condizione di Serra è che la manifestazione sia senza bandiere di partito: come se fosse indifferente essere per un’Italia che ripudia la guerra o appoggiare ogni guerra della Nato, che fino a ieri era guidata dai nostri padroni Usa; come non ci fosse differenza tra il modo di pensare all’Europa di una persona progressista e di una sovranista, e il fatto che non ci sia è uno degli effetti aberranti della politica odierna: Meloni e il Pd votano insieme sugli invii di armi in Ucraina (10 decreti segretati) e stanno contribuendo a fare dell’Unione un manipolo di guerrafondai senza dignità.

“Nemmeno la più tetra e inespugnabile delle fortezze”, ha scritto Serra, “serve a qualcosa se è vuota dentro. Vuota di valori e dunque di senso”. Vero. Infatti per i nostri valori abbiamo invaso Paesi sovrani con la bugia delle armi di distruzioni di massa e col pretesto della lotta al terrorismo e dell’esportazione di democrazia; abbiamo sganciato bombe per l’indipendenza di popoli come in Kosovo (ma i russofoni del Donbass devono essere ucraini anche al suono delle nostre bombe); abbiamo partecipato alle peggiori carognate degli americani insufflando l’opinione pubblica di proselitismo manicheo delle guerre dei buoni contro i cattivi. Le élite militariste, pusher di droga bellicista dal febbraio 2022, stanno continuando a raccontare favole all’opinione pubblica non solo per continuarle, ma per iniziarne altre. Zelensky, che presumibilmente è ricattato dai pezzi nazionalisti e nazisti della sua Guardia nazionale che abbiamo imbottito di armi, sta acconsentendo a un accordo con Trump sulle terre rare per mettere fine alla guerra; loro no. Loro vogliono che gli ucraini combattano ancora. Soprattutto, vogliono farsi trovare pronti quando Putin attaccherà un Paese Nato o Ue, cosa che non è negli interessi di Putin né è mai stata minacciata. Sembrano quelli del film di Kusturica, Underground, che non sanno che la guerra è finita.

Intanto Scurati su Rep, in un articolo che sembra scritto dal Mussolini interventista (Dove sono ormai i guerrieri d’Europa?), fa l’elogio della bella morte, mentre il filosofo Galimberti da Augias su La7 auspica “più forza” e più eroi.
Il risultato è che in piazza sabato ci saranno guerrafondai e pacifisti, il Pd, Avs, sindacati, radicali, calendiani, etc. Ma non sempre è vero che più siamo meglio è. Si era già tentato, Renzi regnante, un “25 aprile tutto blu”: fu un fiasco, eticamente parlando. Esattamente come un “partito”, una “manifestazione” rappresenta una parte. Non si può manifestare per i razzisti del Ku Klux Klan e contro lo schiavismo, per la pace e per la guerra. Sia il vostro parlare sì, sì, no, no.

Ha fatto bene Conte a dire che parteciperà solo nel caso Serra definisca “meglio la manifestazione, perché l’Europa ufficiale sta andando verso il riarmo”. Ma come potrebbe farlo, ormai, se la stragrande maggioranza dei partecipanti è pro-riarmo?

Ieri Serra ha scritto un terzo articolo per ribadire l’urgenza di “chiedere all’Europa… di parlare a voce alta usando il proprio linguaggio senza lasciarsi assordare dal fracasso delle armi” e si dice certo che nessuno “in piazza ignori che la risposta armigera formulata da Von der Leyen cozzi tristemente contro i valori fondativi dell’Unione europea”. Sarà.

Ma se è così, non doveva essere piuttosto una manifestazione arrabbiata contro questa Europa, con solo bandiere della pace? Poiché le popolazioni dei Paesi europei sono per la maggior parte contrarie al riarmo, la piattaforma avrebbe dovuto essere chiarissima: basta guerra. Se Serra scrive un quarto articolo in cui dice che è una piazza contro i progetti folli della Von der Leyen, per il dirottamento degli 800 miliardi nel welfare, per il cessate il fuoco in Ucraina e a Gaza, contro il riarmo e a favore di tutti i popoli, compresi il russo e il palestinese, ci andiamo anche noi.

Il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2025

Torna in alto