«Questa volta non potremo dire che non sapevamo. Oggi possiamo vedere tutto mentre accade». Ho voluto usare questa frase per accompagnare le presentazioni del mio libro – «Contro il “Sionismo Reale”, Diario dell’infamia genocidiaria del XXI secolo» – scritto proprio grazie a un’inedita disponibilità di informazioni e immagini della carneficina. Quello perpetrato contro il popolo della Striscia non è stato il primo genocidio, ma certamente è il primo genocidio in diretta della Storia. È anche vero che la corrente principale dei media tace, nasconde o deforma le notizie in modo sistematico. I grandi media riescono ancora a scegliere il rumore di fondo che diluisce con la sua potenza i suoni autentici. Sono pur sempre enormi le masse che, sebbene siano raggiungibili, di fatto non sono raggiunte dalla realtà effettuale. Ma quando migliaia, anzi, milioni di persone sono dotate di smartphone proprio nei luoghi dove si consumano i massacri, esse diventano altrettanti occhi elettronici che azzerano distanze fisiche e temporali e trasformano anche noi in testimoni oculari.
Il genocidio di oggi non è nascosto dagli stessi filtri che avevano oscurato altri genocidi avvenuti in passato. Naturalmente, anche ai tempi del nazismo le persone impegnate nella vita civile e politica conoscevano molte cose sui piani di Adolf Hitler, sulle categorie di persone che perseguitava, sulle sue minacce e le sue guerre. I più informati sapevano anche dei campi di concentramento e degli eccidi su larga scala. Ma anche loro poterono comunque vedere le immagini dell’orrore soltanto anni dopo e soltanto in minima misura rispetto ai fatti accaduti. Quelle scarse immagini non bastavano a testimoniare l’intensità della catastrofe.
Il fenomeno nuovo, cioè il poter accedere visivamente e sonoramente all’orrore che si consuma nella Striscia, è ora di nuovo in atto, a poca distanza dalle imprese di Bibi il Genocida.
In queste ore, infatti, si sta consumando in Siria uno spaventoso eccidio di massa che ha già mietuto centinaia di vite innocenti e ha spinto migliaia di persone a rifugiarsi presso la base militare russa di Khmeimim. Sembra essere appena l’inizio.
Mi arrivano decine di video raccapriccianti nei quali posso vedere il modo in cui i tagliagole jihadisti – che sostengono il nuovo governo succeduto ad Assad dopo la distruzione del suo Stato – stanno reprimendo la ribellione di una parte delle minoranze alauite e cristiane con azioni efferate che implicano perlopiù l’uccisione indiscriminata e a casaccio di persone innocenti prese per strada o nelle case, senza distinzione di sesso o di età.
La popolazione terrorizzata della zona intorno a Latakia vede concretizzarsi l’incubo a cui ha lavorato per decenni tutto il retroterra della NATO al fine di scalzare Assad e demolire ogni sua infrastruttura statale con aggressioni terroristiche, sanzioni spietate, isolamento diplomatico e bombardamenti continui da parte degli aerei con la stella di David (i quali oggi proteggono anche una vasta invasione del sud siriano, nel silenzio totale di quelli che “c’è un aggressore e un aggredito”).
La Siria – un paese composto per lungo tempo da una somma di minoranze in equilibrio precario ma non impossibile – è esplosa. La Turchia, paese NATO con enormi ambizioni (anche orientate al quadrante ucraino) e con un notevole know-how in termini di “pulizie etniche” (ad esempio il Nagorno Karabakh recentemente svuotato degli armeni grazie all’aiuto militare fornito ai “cugini” turcofoni dell’Azerbaigian) sta sovrintendendo con finta distanza anche a questa operazione che rischia di liquidare comunità umane presenti nel Levante da millenni.
Penso a quel che è successo dopo il 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco massiccio di una parte della resistenza palestinese della Striscia contro militari e civili dello Stato governato da Bibi il genocida. Per mesi consecutivi i Tg occidentali hanno aperto i notiziari con interminabili servizi su quel tremendo episodio, visto come una vicenda che azzerava tutto il contesto storico e politico. Quasi tutte le redazioni e quasi tutti i politici chiedevano di identificarsi solo con quelle vittime, senza possibili discussioni sulla sproporzione dell’azione di Bibi e della sua giunta di politicanti suprematisti, razzisti e guerrafondai. Il 7 ottobre era l’unica misura del mondo.
Oggi possiamo dire che un’intera popolazione sta subendo in un’area della Siria un’azione distruttiva massiccia, uno spargimento di sangue con un potenziale di gran lunga moltiplicativo rispetto al 7 ottobre.
Eppure, la stampa e la televisione scelgono di stemperare la notizia e nascondere totalmente le scene macabre senza nemmeno accennare al modo indiscriminato e crudele con cui avvengono. Ancora una volta, il sussiego con cui l’Occidente vanta la sua presunta difesa dei diritti umani appare al mondo come una maschera sempre più grottesca. Nel frattempo, proprio i padroni dell’Europa che comminano sanzioni a destra e a manca, in questo caso tolgono le sanzioni al governo dei tagliagole.
E assieme al silenzio sulle stragi, tacciono sull’occupazione sempre più estesa di significative parti del territorio siriano da parte del vicino genocida. Hanno poco tempo da dedicare a questo: sono impegnati a far partire la super-mangiatoia del grande Riarmo Europeo Ursuliano. Tanto troveranno perfino i serrafondai e i No Pax a sostenerli in piazza.
Per parte nostra, il 15 marzo saremo in un’altra piazza romana, alla Bocca della Verità, per difendere la pace e dare voce a chi viene silenziato dai media.
Pino Cabras