Zelensky è indifendibile. Ma il “tribunale del popolo” social contro Giorgio Bianchi fa schifo

Giorgio Bianchi, fotografo, documentarista, analista, è uno dei migliori reporter italiani. Ma soprattutto, è intellettualmente onesto. Qualità rara, e non solo nella categoria dei giornalisti.

Giorgio Bianchi, fotografo, documentarista, analista, è uno dei migliori reporter italiani. Ma soprattutto, è intellettualmente onesto. Qualità rara, e non solo nella categoria dei giornalisti. Lo si desume da tutto il suo percorso, e non ci sarebbe alcun bisogno di sottolinearlo se non fosse che parte del suo tradizionale seguito in questi giorni lo sta bersagliando non solo di critiche (vivaddio sempre legittime), ma anche di contumelie, trattandolo come un “traditore”. Marchio d’infamia morale. La sua “colpa”? Aver scritto – citiamo da alcuni suoi post sui social – di sentire “profonda pietà per Zelensky e per la sua gente” dopo la zuffa in mondovisione con Trump e Vance, due “arroganti con i deboli”, “sadici malati” che prima hanno mandato gli ucraini “al massacro” e “ora li umiliano”; che non ci si può “rifare una verginità scaricando le colpe di tutto sul semplice pedone”, perché “Trump è espressione e coartefice del disastro ucraino”, mentre ora cerca di “fare affari con la Russia come se nulla fosse, utilizzando gli imbecilli politici europei” messi lì dagli Stati Uniti; che “sugli spalti dell’arena-divano” ci si gode lo scempio di “un povero pirla gettato in pasto alle fiere” (Zelensky), facendo “il tifo per gli artefici del disastro ucraino ed europeo”. In aggiunta, ha ripreso anche Alessandro Orsini, ancor più esplicito nel “solidarizzare” con il presidente dell’Ucraina.

Intendiamoci: non scriviamo queste righe per difendere Bianchi, che se vuole sa difendersi da solo. Vogliamo solo mettere un punto fermo destinato a chi oggi lo insulta, e a lui rivolgere qualche domanda. Riguardo ai suoi detrattori, che siano innamorati delusi o estimatori con la condizionale, diciamo chiaro e tondo che disprezzarlo oggi, incasellandolo tra la “gente che si definisce ‘antagonista’ del sistema” (come ha fatto un Marco Rizzo ormai indistinguibile da Vannacci, il quale però, a differenza sua, di voti ne ha parecchi), denota tutta la mentalità settaria e stalinista di certi ambienti “anti-sistema”, diversi dal mainstream solo perché non ci sono loro, a occupare il mainstream. Appena il malcapitato di turno dovesse esprimere una posizione disallineata, ecco che la sua storia, il suo profilo, le sue qualità vengono azzerate dall’oggi al domani, in quanto reo di non fornire più la rassicurante dose di conferme a un pubblico che giudica esclusivamente in base allo schema amico/nemico, Bene/Male, o con noi o contro di noi. La sortita di Bianchi ha fomentato toni scomposti, da canea inviperita col reprobo, che rappresentano la prova provata, purtroppo, di quanto la libertà di dissenso, nella cosiddetta area del “dissenso”, valga fintantoché il dissenso non tocchi le proprie certezze, le proprie aspettative, l’indefettibile “linea”. Questo tipo di pseudo-dissenso, che vede infiltrati e rinnegati ovunque, ci fa senso.

[…] The Donald, a differenza di quel che vanno strombazzando le sue majorettes, anche qui in Italia (“viva Trump!”, sempre Marco Rizzo), ha il solo pregio, oggettivo, di non indorare l’amara pillola. Ma la pillola rimane quella: gli Stati Uniti fanno il cazzo che vogliono, quando vogliono, e con chi vogliono. Solo che ora lo fanno in uno scenario globale mutato, multipolare, e la particolarità dell’affarista di destra Trump è dover soddisfare il suo elettorato, a cui non piacciono le formule e le cerimonie del moralismo di sinistra. Se prima l’impero a stelle e strisce perseguiva i suoi interessi con la foglia di fico della democrazia da esportare, ora agisce da impero fregandosene di addurre giustificazioni moraleggianti (anzi, spingendosi all’eccesso opposto, all’amoralità fatta e finita, vedasi il raggelante video “Trump Gaza” – esempio, cari Rizzo e cameragni, di egemonia allo stato brado, di sdoganamento e diffusione della più abietta mancanza di senso d’umanità, del cinismo più cinico normalizzato in marketing di massa: questo, è il trumpismo come fatto culturale).

[…] In tutti i casi, ci siederemmo più volentieri accanto a Bianchi col quale siamo in disaccordo, che a fianco di chi bolla le opinioni divergenti come deviazionismi. Le “folle schiumanti di bava”- che da duemila anni sono sempre quelle, per Barabba contro Gesù, e Bianchi, effettivamente, il volto un po’ cristologico ce l’ha – sanno di inquisizione. Così come hanno qualcosa di sinistro certi commissari del popolo senza popolo, non degni neppure di essere menzionati per nome, che ai tempi della buonanima di Stalin avrebbero, loro sì, sadicamente goduto nel firmare purghe in nome della Linea.

Alessio Mannino

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