Trump e l’Europa

Sta succedendo davvero di tutto e molto in fretta. Anche quando rimodella la repubblica nordamericana per adattarla alle sfide del potere del XXI secolo, Trump ha l'impronta del tipico immobiliarista...

Sta succedendo davvero di tutto e molto in fretta. Anche quando rimodella la repubblica nordamericana per adattarla alle sfide del potere del XXI secolo, Trump ha l’impronta del tipico immobiliarista yankee: se la cosa costa meno e permette progetti più ambiziosi e palazzi più arditi, meglio prima demolire. Ora sta demolendo l’immensa infrastruttura ereditata dalla Guerra Fredda, sopravvissuta oltre la sua ragione costitutiva, dunque oltre la fine dell’Unione Sovietica. Quella infrastruttura, il mondo della “bugia di Stato”, occupava alla fine tutti i gangli statali e si estendeva su scala planetaria con una pletora di parassiti che hanno mangiato e assimilato gran parte del giornalismo occidentale. Un mondo esteso a Big Pharma, servizi segreti, apparati militari. Trump è determinato a ricostruire una nuova “verticale del potere” sorretta da un nuovo blocco storico, un ordine sociale stabile, dove dominio materiale e leadership ideologica si fondono, garantendo la riproduzione del sistema nel tempo. Un intero mondo burocratico e intellettuale che costituiva un tentacolare regime è stato visto come una zavorra di cui liberarsi.

Fino al punto di far balenare la possibilità di dimezzare le spese militari mondiali con un accordo con Russia e Cina. Improbabile che si avveri lo scenario, lo sappiamo, ma non impossibile. E proprio Trump lo ha evocato. Cioè è una carta per la quale si potrebbe pure dire: “vedo!”

Qui emerge la follia delle classi dirigenti europee, prese dal panico perché hanno puntato tutto su una carta sbagliata, l’Ucraina post Maidan, così che ora fronteggiano una sconfitta epocale. Avrebbero proprio adesso la chance di proporre un colossale processo di disarmo bilanciato e una nuova architettura della sicurezza su scala continentale, liberando grandi risorse. Scelgono invece l’esatto opposto: un riarmo inteso a confrontarsi con una superpotenza nucleare, per rimodellare a loro volta un blocco storico che rovescia come un guanto quel che rimane della vecchia Europa dei diritti sociali. Spostare tutto da pensioni, sanità e scuola e investire in armi. Lo dicono senza possibilità di equivoco. Intendono riconverire tutto in una gigantesca e lugubre piattaforma dedicata a combattere la Russia: quel che abbiamo conosciuto come NATO e UE non avrà senso, per essere di fatto sostituito da una nuova Europa istituzionale. Questa nuova Cosa sarebbe un’Ucraina moltiplicata per dieci, che ricalcherebbe i passi di Kiev e ripeterebbe – amplificata – la sconfitta, con una bancarotta demografica, militare, finanziaria traslata su una scala incomparabilmente più devastante.

Questo è il terreno delle scelte politiche in campo. Nel mondo degli orfani del globalismo e progressismo post-obamiano si nota un incattivimento, una reazione rabbiosa che sente le chances di pace come un tradimento. Circolano perfino bestialità su Musk e Trump come asset di Putin, un ripiegamento fervidamente “complottista” che sta armando le fantasie di molti. Lo diceva un secolo fa Emilio Lussu: “l’immaginazione gioca sempre una gran parte nei momenti di agitazione politica”.

Se l’Europa rinuncia a un ruolo per la pace, finisce molto molto male. Scegliere la guerra significa espungere dal mondo nientemeno che il continente che lo ha plasmato più di tutti.

Pino Cabras

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