Luglio 2024

Le censure sulla censura

di Marco Travaglio La libertà d’informazione è affare troppo serio per lasciarla ai politici e ai giornalisti italiani. Che infatti la usano per tutt’altri scopi – difendere o attaccare il governo Meloni – tirandosi addosso tre diversi report sul tema senza distinguerli e scordandosi il punto di partenza, che precede di parecchio l’avvento dei Melones: l’informazione fa schifo da decenni. E lo faceva ancor di più ai tempi di Draghi e di Renzi (B. è fuori concorso), quando l’intera Rai e tutti i giornaloni erano turbogovernativi, le conferenze stampa dei premier erano messe cantate modello Corea del Nord che si concludevano con le standing ovation e ciononostante nessuno protestava: anzi, proprio per questo. La premier dice che la Relazione annuale della Commissione europea sullo Stato di diritto è stata travisata e strumentalizzata. Vero: critica alcune schiforme della giustizia del suo governo, ma sul premierato e la libertà d’informazione si limita ad affiancare alle posizioni governative quelle di “portatori di interessi” contrari (associazioni di categoria, osservatori, ong). Raccomanda l’indipendenza della Rai dai partiti, impedita dalla legge Renzi, e una riforma anti-querele temerarie, non certo nate con questo governo. Piuttosto minimalista e deludente, il report è pure viziato da sospetti di ricatto: doveva uscire il 3 luglio, ma fu rinviato perché Ursula stava trattando i voti FdI con Giorgia; poi non li ha avuti e oplà, il prezioso incunabolo è saltato fuori. La stessa puzza di estorsione si avvertì con le procedure d’infrazione aperte tre anni fa contro Ungheria e Polonia per violazioni dello Stato di diritto: poi Varsavia fu perdonata senza cambiare nulla perché obbediva alla Nato e dunque a Ursula sulle armi a Kiev, Orbán invece no perché disobbediva. La Meloni aggiunge che “la Commissione europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: Domani, Fatto Quotidiano e Repubblica”. E questo è falso. I tre quotidiani sono citati, con i nomi dei giornalisti consultati, da un altro report sulla libertà d’informazione: quello di un consorzio privato, Media Freedom Rapid Response, che la premier confonde o finge di confondere con quello di Bruxelles per degradare le critiche europee come attacchi della stampa ostile. C’è poi un terzo rapporto, quello dell’osservatorio Centre for media pluralism and freedom, che va giù duro sui bavagli Cartabia, Nordio e Costa, la Rai governativa e i conflitti d’interessi di Mediaset, Angelucci e Gedi. Ma Rep è riuscita a parlarne citando i finti martiri di TeleMeloni e censurando proprio il passaggio sul loro editore impuro. C’è una bella differenza anche tra i “portatori d’interessi”: noi del Fatto portiamo solo l’interesse dei lettori a essere informati. Il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2024

Meloni in Cina: perché la dipendenza dagli Stati Uniti ha danneggiato i rapporti con Pechino

di Giuseppe Salamone Quindi Meloni è andata a trovare Xi Jinping e questa è una buona notizia, com’è una buona notizia il fatto di tentare di ripristinare la via della seta sotto mentite spoglie. Il problema sta nel fatto che i Cinesi le hanno chiaramente sbattuto in faccia che per cooperare con loro serve serietà e autonomia politica, cosa che Meloni non ha in quanto totalmente appecoronata a Washington. E i Cinesi lo sanno perfettamente! L’altro problema è che non ha perso tempo per dimostrarlo, infatti in una visita che doveva servire per tentare di rivitalizzare le relazioni commerciali con la Cina, è andata a dirgli ciò che gli ha detto il segretario di stato Usa Blinken e la segretaria al tesoro Usa Yellen qualche mese fa, ovvero di non sostenere e quindi interrompere la cooperazione industriale con la Russia. Ripeto: cooperazione industriale, non militare. Una follia praticamente: “Io penso che la Cina non abbia alcuna convenienza in questa fase a sostenere la capacità industriale russa, anche se come sappiamo non interviene direttamente, è evidente che questo crea una frizione perché lo abbiamo scritto in tutti i modi possibili e immaginabili e lo abbiamo ribadito”. A quanto pare serve farle il disegnino per fare in modo che capisca come ci si comporta a livello internazionale. La prima cosa da fare è quello di non interferire negli affari interni degli altri Paesi, soprattutto quando ti confronti con super potenze. Non puoi andare in Cina da serva quale sei e dirgli se devono o non devono cooperare con la Russia a livello industriale. Intanto perché sei irrilevante e sei percepita come tale, poi perché se c’è una cosa che da quelle parti vedono come fumo negli occhi e per la quale stanno alzando la testa, è il sentirsi dire ciò che è giusto o sbagliato fare, soprattutto nelle relazioni con altri Paesi. Inoltre a livello strategico è una roba gravissima legare le proprie relazioni con un Paese, qualunque esso sia, a una cooperazione con paesi terzi, in questo caso quelle tra Cina e Russia. Soprattutto perché stiamo parlando di un’economia in ascesa, che guida un blocco assai rilevante sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista delle materie prime e sia della popolazione mondiale che rappresentano. Praticamente, ed è quello che alla stampa di regime non sembra interessare, Giorgia Meloni è riuscita a legare i rapporti con i Cinesi in conseguenza a quelli dei Cinesi con la Russia. Incredibile ma vero! Non solo ci siamo martellati le balle trattando la Russia come un’appestata rinunciando alle sue materie prime che tenevano in piedi la nostra manifattura, ma adesso è diventata una premessa quella dell’esclusione della Russia per quanto riguarda le relazioni con altri Paesi. Piaccia o meno, la donna, madre e Cristiana è riuscita ancora una volta a dimostrare la propria bassezza politica e la propria altezza come serva di corte. Sostanzialmente la prima nemica del popolo italiano. Ciò che le resteranno sono le photo opportunity con quel sorriso falso come Giuda e una lunga e prosperosa carriera per tutelare gli interessi di Washington. Ma la storia insegna che i primi carnefici dei servi sono proprio i loro padroni. Kissinger lo diceva sempre: “Essere nemici degli USA può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale”.

Un Occidente rinsavito medierebbe con la Cina

La visita di Putin in Cina rappresenta una risposta alla visione occidentale che ha spinto la Russia verso l’Est. Dal 2000, Putin ha cercato di integrare la Russia nell’economia euroatlantica e mantenere la sovranità dello Stato, ma il colpo di piazza Maidan nel 2014 ha cambiato le dinamiche, portando all’annessione della Crimea e al deterioramento dei rapporti con l’Occidente. La Russia ha quindi rafforzato i legami con la Cina, firmando accordi energetici e collaborando economicamente, contrastando le sanzioni occidentali. Oggi, Cina e Russia promuovono una cooperazione strategica, sfidando l’egemonia statunitense e sostenendo la globalizzazione e il multilateralismo. Le critiche occidentali non colgono la crescente influenza dei Brics e la dedollarizzazione promossa da Pechino e Mosca. * * * di Elena Basile La visita di Putin in Cina costituisce un’ulteriore tappa del percorso a cui la visione patologica del mondo dell’Occidente ha costretto la Russia che per decenni aveva bussato alla porta dell’Europa. Putin nel 2000, quando prende il potere, ha due obiettivi strategici: l’inserimento della Russia nelle strutture della governance economica euroatlantica e la ricostruzione della sovranità dello Stato. Fino al 2014 riesce a riconciliare l’indipendenza strategica di Mosca con l’esigenza di stabili rapporti economici con l’Occidente. Il colpo militare di piazza Maidan, ampiamente documentato, del 2014, lascia il Cremlino esterrefatto. La scelta tormentata dell’annessione della Crimea per proteggere la base sul mar Nero di Sebastopoli avrebbe potuto dare inizio a uno sviluppo autarchico e togliere al presidente russo il consenso di quel blocco sociale ed economico che si era arricchito nei commerci e investimenti con l’Europa. La salvaguardia della sovranità russa non sembra più conciliabile con gli interessi dell’economia di Mosca. Del resto nel 2014 anche in Occidente la disintermediazione tra capitale e interessi della politica è avvenuta. L’Occidente rinnega la globalizzazione che aveva portato a una distribuzione del potere economico a vantaggio della Cina e degli emergenti. Si arrocca in una strategia che sarebbe giunta al friendshoring: si commercia e si investe solo con gli amici. Nel 2014 l’annessione russa della Crimea è attuata da una leadership sgomenta ma ponderata. La rivolta alla pax americana che vuole desovranizzare Mosca è possibile perché all’ombra della Cina un nuovo mondo sta nascendo. La nuova Via della Seta, che avrebbe potuto implicare sviluppo e prosperità per l’area euroasiatica con ricadute importanti per i Paesi europei, era stata lanciata nel 2013. Nel 2014 la Russia firma con la Cina un accordo per 400 miliardi di dollari per la fornitura di energia e la costruzione di infrastrutture energetiche. Inizia una cooperazione economica senza precedenti che fortifica l’unione economica eurasiatica. Dal 2008 in poi, il mondo multipolare si delineava all’orizzonte. I Brics nascono nel 2020, si ingrandiscono e hanno nella contestazione dell’egemonia statunitense, che trova conforto solo nella supremazia militare, un cemento importante. È grazie alla Cina e al sud globale che Mosca vince contro la rischiosa scommessa iniziata nel 2014 e sopravvive alle sanzioni occidentali. Oggi è molto più forte di prima. A Pechino, Xi e Putin rafforzano la collaborazione. Aumentano le importazioni russe di automobili elettriche cinesi e di componenti per l’industria della difesa come le esportazioni verso la Cina energetiche e del settore agroalimentare. Le stigmatizzate autarchie in geopolitica dichiarano comuni intenti di pace e di stabilizzazione del mondo. Il cessate il fuoco a Gaza con il rilascio immediato degli ostaggi e una conferenza di pace per pervenire alla soluzione dei due Stati. Putin appoggia la mediazione cinese, i 12 punti che continuano a rappresentare gli unici parametri di una diplomazia razionale e strategica. Con lo strabismo rituale, ex colleghi che ricevono prebende e posti al sole collaborando con think tank finanziati dagli statunitensi, mettono a tacere l’onestà intellettuale (saremmo noi i filoputiniani a tradire i valori della Repubblica?), ci spiegano che la Cina è dominante, che ha bisogno dell’Occidente restando lo scambio commerciale con l’Europa quasi il doppio di quello realizzato con Mosca. Sottolineano la subalternità russa. Non vedono tuttavia quella europea nei confronti di Washington. In realtà, la Russia e i Brics si stanno allineando alla Cina che di fronte alle azioni illegali della finanza occidentale, estromissione di Mosca dallo Swift, sanzioni economiche e sequestro di 300 miliardi di fondi russi in euro), ha accelerato il processo di dedollarizzazione. I Brics crescono in numero, sostengono globalizzazione e riforma del multilateralismo, Onu e Osce, fine dei doppi standard occidentali, applicazione di regole chiare e non à la carte secondo gli interessi Usa, riforma della governance economica Fmi e Bm. Se l’Occidente fosse sano e lo spazio politico mediatico non corrotto, su questi temi si centrerebbe la riflessione. Si dovrebbe mettere a punto una strategia diplomatica di mediazione con Cina, Brics e Sud globale per le riforme richieste e per la stabilizzazione delle aree di crisi. Ma tronfie e arroganti, come i miei ex colleghi che venivano un tempo cooptati per la loro fedeltà nelle stanze dei bottoni e ora sputano il verbo sui giornali più letti, le classi dirigenti occidentali disprezzano l’altro, lo disumanizzano, lasciano alle generazioni future il debito impazzito, il fallimento della transizione verde, il sistema di sorveglianza digitale e i conflitti. Il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2024

Un Grillo al bivio

Senza Conte, il M5S rischia di sparire, ma Grillo deve decidere se partecipare attivamente al rilancio o restare in disparte.

Il dottor Stranamore è un’altra volta tra noi

Muti i filosofi e i giuristi, le assemblee parlamentari ridotte a fantasmi, le istituzioni relegate in un angolo. Dissolto il velo d’ipocrisia, la grande politica è tornata a imporsi in tutta la sua tragica volontà di potenza

Israele e il nuovo fronte in Libano: pretesti e propaganda

L’obiettivo dei criminali israeliani è aprire un nuovo fronte in Libano, perpetuando il conflitto senza prove concrete. Con il supporto degli Stati Uniti, Netanyahu e Gallant dichiarano guerra a Hezbollah, mentre le provocazioni di Erdogan e le minacce di Katz aggravano la situazione.

La censura ai tempi dei regimi democratici

di Ivan Surace In perfetto stile orwelliano la neolingua ha coniato un nuovo termine per la censura tanto di moda nei secoli passati: standard della community. Suona bene vero? Un termine inc(u)l(o)sivo, comunitario, che ci fa sentire tutti membri dello stesso gregge in maniera allegra e positiva, contro un non meglio precisato nemico che non rispetta gli standard. D’altronde un secolo di studi e applicazioni di public relations alla Bernays ha portato i suoi frutti, soprattutto da parte di chi ha capito come funziona la massa e che quindi, senza troppi scrupoli, utilizza tutti i mezzi che ha a disposizione per manipolarla a suo piacimento censurando, o meglio facendo scomparire, chiunque e qualunque cosa possa mettere In dubbio la propaganda di regime, la narrazione dominante. Come ultimo esempio in questi giorni abbiamo la questione climatica. Vi sarete resi conto di come la propaganda su questo argomento sia cresciuta in maniera esponenziale in questi ultimi anni, parallelamente alla cosiddetta transizione green, che porta con se il passaggio al “tutto elettrico” in ogni campo e alla sostituzione con l’IA, di gran parte della gestione sociale, politica economica e sanitaria della popolazione. Stiamo assistendo alla conversione coatta della società in un grande allevamento intensivo di ultima generazione, in cui ogni singolo capo di bestiame, trasformato in un pezzo di carne senza personalità né anima, viene controllato in maniera totale e continuativa. Comunque la si pensi, questo è il futuro che immaginano per l’umanità e che si sta progressivamente attuando in maniera totalitaria, a cominciare dai grandi centri urbani, trasmormati in vere e proprie aziende zootecniche per umani. Ma torniamo alla questione climatica, l’intesificarsi della propaganda su questo argomento serve a giustificare e a far accettare all’opinione pubblica l’entrata in vigore di leggi e restrizioni normalmente inaccettabili in qualsiasi società democratica. Quindi la questione climatica é il pretesto, lo storitelling, la fiction, su cui si basa la ricerca di consenso da parte del potere, per imporre il cambiamento antropologico necessario, per realizzare i loro piani di controllo totale della popolazione. Affinché la fiction sia credibile e possa essere sostituita alla realtà, occorre eliminare tutte le eventuali prove, critiche, controversie, che contrastano, anche minimamente, con la narrazione dominante. È in ossequio a questa logica che negli ultimi mesi su FB, in maniera discreta e disinvolta, con vera tecnica da desaparecidos, sono stati rimossi diverse pagine e profili che facevano informazione sul clima in maniera non allineata al pensiero unico e dove venivano condivisi studi, grafici e informazioni scientifiche di fondazioni come Clintel o di scienziati come Prestininzi, Scafetta, Prodi, Curry, Lindzen, Spencer, ecc. La pagina ‘Klima e scienza’, solo per fare un esempio recente, é stata fatta evaporare non appena raggiunti i 10mila iscritti. Stessa sorte a profili di privati cittadini e di gestori dei profili sopra menzionati, anch’essi fatti sparire da un giorno all’altro con estrema discrezione, al punto che se uno non ci fa caso, neanche se ne rende conto e tutto continua come se niente fosse accaduto. La situazione é estremamente pericolosa perche da un lato si procede con le epurazioni senza sosta e dall’altro non vi è nessuna presa di coscienza di quanto stia succedendo. Se e quando la massa si renderà conto di tutto ciò, sarà già troppo tardi. Al limite avverrà quando l’identità digitale, il portafoglio digitale e tutte le restrizioni ad essi legate, saranno già legge e routine quotidiana e non penso si dovrà attendere molto. Se non ci sarà un totale cambio di passo da parte della minoranza non allineata nel lottare contro questo regime, tra i più subdoli e raffinati della storia, la fine della società e dell’umanità per come l’abbiamo aempre vissuta percepita e immaginata sarà certa come la morte.

Frottole sovraffollate

di Marco Travaglio Come a ogni estate, ecco l’immancabile dibattito sulle carceri sovraffollate e su come sfollarle, col contorno dei soliti sciacalli pronti a legiferare per non farci più entrare chi di solito non le vede neppure col binocolo: i colletti bianchi. L’ultima ideona, firmata dal renziano Giachetti e sposata da FI e Pd, è quella di allargare la già indecente “liberazione anticipata” dagli attuali 3 a 4 mesi per ogni anno di pena. Nella sentenza c’è scritto che devi scontare 9 anni? Tranquillo, è tutto finto: 9 vuol dire 6, ma poi 6 vuol dire 2, perché – grazie alle svuotacarceri dell’ultimo decennio – i 4 finali li sconti ai domiciliari e ai servizi sociali. E’ la certezza della pena all’italiana, che aumenta il senso di impunità e dunque il numero dei reati anziché ridurlo. Così il problema rimane intatto, pronto all’uso strumentale per l’anno successivo. Quello che chiamiamo ‘sovraffollamento’, con tanto di numeri di detenuti in eccesso (14 mila) rispetto ai posti-cella previsti (47 mila), è frutto di un equivoco autolesionista tutto italiano. L’Italia calcola i posti-cella in base alla legge del 1975 che fissa 9 metri quadrati per il primo detenuto e 5 per ciascuno degli altri. Invece il Consiglio d’Europa ne raccomanda almeno 4 per ogni recluso. E la Corte di Strasburgo considera inumano uno spazio pro capite inferiore ai 3. Così un carcere sovraffollato in Italia non lo è nel resto d’Europa.Ciò non significa che nelle carceri italiane si viva bene, anzi: molte sono un inferno (58 suicidi in 7 mesi). Ma perché sono vecchie, malsane, fatiscenti, poco differenziate per tipo di detenuti, incapaci di farli lavorare, permeabili alla droga, a corto di personale. L’unica soluzione è costruirne di nuove, ma i “garantisti” non ci sentono. Pensano che i detenuti siano “troppi” non si sa in base a cosa, a prescindere, cioè che in carcere ci siano migliaia di persone che non dovrebbero starci. In realtà, rispetto all’unico parametro serio – il numero di reati e di delinquenti – i detenuti sono troppo pochi: se si recuperasse un po’ di efficienza repressiva per risolvere un 5% delle centinaia di migliaia di delitti impunitie un po’ di certezza della pena, le carceri scoppierebbero ben di più. Del resto l’Italia, unico Paese con tre mafie ha un rapporto detenuti-abitanti simile o persino inferiore a nazioni con minori tassi di criminalità. C’è chi parla di un boom causato dalle “politiche securitarie” (ma quali?) del governo Meloni, ma anche questa è una frottola: la destra ha inventato ben 15 nuovi reati, tipo il rave party, ma sono tutte baggianate rimaste lettera morta, senza processi o arresti (a parte l’assurdo dl Caivano, che però ha aumentato di qualche centinaio le presenze nei carceri minorili, non negli ordinari). Forse, per risolvere il problema, bisognerebbe prima capire qual è. Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2024

Missili e armi, che brutta fine l’Europa illuminata

di Elena Basile Sembra impossibile che il cammino dell’ Occidente abbia portato alle macabre farse odierne. Le conquiste progressive verso una società più libera e più giusta dovevano sfociare nel bellicismo nazionalista di un’Europa nichilista? Dalle monarchie assolute a quelle costituzionali, dai diritti ristretti a aristocrazia e clero alla società borghese, dall’oscurantismo delle superstizioni religiose medievali al secolo dei lumi, all’umanesimo cristiano e marxista, fino al suffragio universale esteso alle donne, ai diritti civili e sociali, alla dichiarazione dei diritti dell’uomo e alla nascita di un ordine liberale fondato su organismi internazionali e sul Diritto internazionale. Quel che era apparso anche ai più scettici come il patrimonio di un Occidente, che nonostante le cadute verticali rappresentate dalle dittature naziste e bolsceviche, aveva saputo inseguire la realizzazione degli ideali umanistici, sembra oggi distrutto. Il Parlamento europeo e la Commissione europea approvano una guerra a rischio nucleare contro la Russia. Armi letali all’Ucraina per colpire il territorio russo in profondità, missili ipersonici in Germania guidati, come ben illustra Domenico Gallo, dalla tecnologia che non potrà compensare l’errore umano, sono le ultime tappe di una escalation voluta dall’antica Venere, una potenza civile di cui andavamo fieri. Liberali, democristiani, socialisti e verdi sono compatti. Sostengono con le loro scelte la morte di centinaia di migliaia di giovani ucraini e la distruzione del Paese nonché la strage brutale degli innocenti di Palestina. Le risoluzioni dell’Onu sono ignorate da Israele il cui Parlamento ha appena votato contro lo Stato di Palestina. La classe dirigente e quella di servizio, non hanno esitazioni. La guerra non può finire, altrimenti si sosterrebbe la resa alla Russia. E a Gaza il massacro di innocenti è dovuto in ossequio al diritto di Israele di difendersi da Hamas. Menzogne sottoculturali che fanno inorridire sono proferite da eruditi professori e presidenti di età veneranda per nulla turbati dal sangue che scorre, dal riarmo in corso, dal rischio di estinzione del genere umano. Sui giornali si disquisisce se il non voto della Meloni a favore dell’amica e potente Ursula possa far perdere all’Italia qualche punto nell’ameno club europeo i cui membri sono ormai a una distanza abissale dai popoli, dalle loro fatiche, dai loro interessi. La casa brucia, i valori di pace e prosperità, democrazia, libertà di pensiero, libero commercio sono rinnegati, mentre i giornali operano falsi distinguo tra sovranisti e europeisti. La transizione verde e digitale, l’Europa sociale, gli investimenti in ricerca e sviluppo, la cooperazione allo sviluppo, l’agenda sostenibile 2030 e l’integrazione dei migranti sono obiettivi già falliti per un’Europa che ha rinunciato al debito comune e alza i tassi di interesse a vantaggio del finanziamento del debito Usa. Si prepara a una lunga guerra, inchinandosi ai Sullivan, Blinken, Kirby i cui volti esprimono il vuoto morale dei nostri tempi. Gli emergenti assistono perplessi al nostro lento suicidio. Sanno che la Russia ha già vinto la guerra in Ucraina e che se dovesse perderla ricorrerebbe all’arma nucleare. Non riescono a comprendere la razionalità delle scelte in Medio Oriente, di una politica che fomenta il terrorismo ed esclude la pace per Israele, rischiando un allargamento del conflitto all’Iran. Che il mondo sia multipolare e che l’egemonia statunitense sia rifiutata dal Sud globale è un’evidenza che soltanto lo spazio politico mediatico europeo sembra negare. L’India, che durante la guerra fredda faceva parte dei non allineati, rivendica l’autonomia della propria politica estera. Riceve minacce mafiose dagli Stati Uniti per bocca dell’ambasciatore statunitense Garcetti a New Delhi. È surrealista notare come una classe politica impreparata, hackerata dagli Stati Uniti, giudichi le strategie complesse di potenze come la Russia, la Cina, l’India, il Sud Africa, la Turchia, il Brasile, l’Iran e le loro eccellenti diplomazie, distribuendo voti quasi parlassero da professori ai propri alunni. Pensate all’estone Kallas, Rappresentante della politica estera Ue, in un colloquio con Lavrov e avrete il senso del paradosso occidentale. La classe dirigente europea è facilmente manipolabile e risponde alle indicazioni esogene degli apparati di sicurezza, del complesso industriale militare e delle oligarchie finanziarie. Queste ultime hanno tuttavia messo in conto, un olocausto nucleare ristretto ad alcuni popoli. La continuazione del potere del dollaro e il dominio della nazione “indispensabile” passa attraverso un massacro nucleare parziale? L’incompetenza dei politici europei è funzionale al “triste ma necessario” (Albright docet) annientamento di alcuni popoli, a partire dall’ucraino e dal palestinese. Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2024

Sergio Mattarella

Maestra senza allievi

Mattarella si dispiace per il riarmo globale, ma continua a sostenere la favola che la guerra in Ucraina sia scoppiata nel 2022, ignorando le radici nel 2014. I negoziati? Un’illusione.

Il realismo e Guicciardini

Francesco Guicciardini, con “I ricordi”, offrì un prezioso manuale di sopravvivenza politica, enfatizzando l’interesse personale e l’abilità nel prosperare in tempi traditori.

Trasporti, si fa per dire

Il “caso Pantani” riaperto: ipotesi di complotto della camorra nei test antidoping, nonostante prove e sentenze confermino il doping. Lasciamo riposare Pantani in pace.

Marco Pantani

Riposi in pace

Il “caso Pantani” riaperto: ipotesi di complotto della camorra nei test antidoping, nonostante prove e sentenze confermino il doping. Lasciamo riposare Pantani in pace.

Politici sotto spirito

Il ministro Nordio critica un’ordinanza che dichiara di non capire, giustificando l’immunità politica per gli eletti. L’ipocrisia si manifesta anche nelle incoerenti decisioni degli eurodeputati Pd.

Pensare di spaventare i Russi con i missili Usa è pura follia

di Alessandro Orsini A partire dal 2026, gli Stati Uniti piazzeranno i loro missili più sofisticati in Germania per minacciare la Russia. Secondo la Nato e i suoi propagandisti, si tratta di una mossa intelligente. La Russia si spaventerà moltissimo. La paura della Russia sarà talmente grande che i suoi generali finiranno per sottomettersi a tutte le decisioni dell’Occidente, incluso l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Secondo questa tesi, che per comodità espositiva chiamo la “tesi della follia assoluta”, tutte le volte che la Russia dovrà prendere una decisione, Putin riunirà i suoi generali e dirà loro: “Sì, va bene, però stiamo attenti a quel che facciamo perché la Germania ha i missili americani puntati su di noi”. Purtroppo, questa tesi è completamente sbagliata. Data l’enormità dei pericoli, cercherò di parlare nel modo più semplice e chiaro possibile. I problemi sono due. Il primo problema ha a che vedere con la guerra nucleare. Molti plaudono alla tesi della follia assoluta perché immaginano la guerra nucleare tra l’Europa e la Russia come uno scambio ordinato – “uno alla volta” – nel senso che la Russia lancia una testata nucleare contro la Germania, poi la Germania lancia una testa nucleare contro la Russia, poi la Russia lancia un’altra testata nucleare contro la Germania e così via. Questo modo errato di immaginare la guerra nucleare tra Russia e Europa spiega come mai i propagandisti della Nato dicano sempre questa frase: “Tanto se Putin prova a colpire un Paese europeo con le testate nucleari la Russia finisce incenerita”. Ragioniamo. L’unico Paese dell’Unione Europea ad avere le testate nucleari è la Francia, ne possiede soltanto 290. La Russia ne ha 6000. Un’eventuale guerra nucleare tra la Russia e l’Europa avverrebbe in questo modo: la Russia conduce un unico attacco nucleare su tutti i Paesi europei della Nato che posseggono le testate nucleari senza dare loro la possibilità di replicare. Il secondo problema ha a che vedere con la reazione degli Stati Uniti. I propagandisti della Nato dicono: “Sì, è vero, l’Unione Europea ha soltanto 290 testate nucleari e la Russia 6000. Però gli Stati Uniti colpirebbero la Russia con le loro testate nucleari bilanciando lo squilibrio”. Peccato che gli Stati Uniti non userebbero mai le testate nucleari contro la Russia per difendere un Paese europeo. Se l’Italia fosse colpita dalle testate nucleari della Russia, gli Stati Uniti non replicherebbero colpendo il territorio russo con le proprie testate nucleari giacché, in caso di guerra nucleare, l’obiettivo principale degli Stati Uniti non sarebbe la protezione dell’Italia, bensì la propria sopravvivenza. La guerra nucleare, infatti, muterebbe tutta la scala delle priorità strategiche della Casa Bianca. Nel nostro tempo, che è un tempo senza guerra nucleare, il controllo delle basi americane in Italia è una priorità assoluta per gli Stati Uniti. Tuttavia, se scoppiasse una guerra nucleare con la Russia, il controllo di quelle basi perderebbe di importanza. Gli Stati Uniti avrebbero come obiettivo supremo la propria sopravvivenza. I generali americani farebbero un ragionamento di questo tipo: “Che l’Italia vada in malora. Noi americani dobbiamo pensare soltanto a non essere colpiti dalle bombe atomiche della Russia”. Spero di avere spiegato perché è pura follia pensare di spaventare la Russia installando in Germania i missili americani a lunga gittata in grado di caricare le testate nucleari. Se la Russia sentirà che la propria esistenza è minacciata dall’Europa, colpirà l’Europa con un numero talmente grande di testate nucleari da impedirle di reagire. D’altra parte, l’Europa non colpirebbe mai per prima la Russia con le testate nucleari data l’immensa sproporzione tra gli arsenali. Dunque, la prima mossa sarebbe sempre della Russia. E la Russia ha 6000 testate nucleari. La sua prima mossa sarebbe certamente quella definitiva. Il Fatto Quotidiano, 18 luglio 2024

Circo, Hollywood e propaganda guerrafondaia

di Giuseppe Salamone Questa storia si potrebbe riassumere con tre parole: circo, Hollywood e propaganda guerrafondaia. Partiamo dall’inizio ovvero dall’attentato ai danni di Trump perché è di questo che si parla. Per quanto mi riguarda non penso che sia stato un auto attentato per un semplice motivo: il proiettile, se Trump non avesse spostato la testa, lo avrebbe centrato in mezzo al cervello. Quindi o chi ha sparato sapeva benissimo che Trump avrebbe mosso la testa in quel preciso momento, verso quella direzione specifica e di conseguenza siamo davanti al miglior cecchino mai esistito dall’invenzione delle armi, oppure qualcuno ha tentato realmente di farlo fuori. Per me è vera la seconda e credo fermamente che non si tratti affatto di un “lupo solitario”. Dietro ci sta qualcuno e anche abbastanza potente, ma non ho prove per dimostrarlo quindi rimane una semplice e personale opinione. In ogni caso le voci delle ultime ore ci dicono tante cose, fin troppe cose. Gira tra i maggiori organi della propaganda a stelle e strisce e occidentale la narrazione secondo la quale dietro l’attentato a Trump ci sarebbe l’Iran. Il movente c’è e anche abbastanza “credibile” da far digerire all’opinione pubblica, poiché si tratterebbe di una vendetta a seguito dell’uccisione del generale Soleimani nel 2020 con un raid ordinato proprio da Trump. Inoltre sempre la propaganda, con insistenza abbastanza preoccupante, sta tirando in mezzo l’Iran dicendo che stiano organizzando operazioni di influenza del voto e altri possibili attentati. Curioso è il fatto che a parlare sono sempre ed esclusivamente “funzionari anonimi” i quali dichiarano anche di non avere prove concrete dell’organizzazione degli attentati di cui parlano. Ricapitolando: due persone di cui non sappiamo il nome dicono che l’Iran sta cercando di influenzare le elezioni e organizzando potenziali attentati per ammazzare Trump. Però non hanno prove né di quello di qualche giorno fa che comunque cercano di addossare la responsabilità a Tehran tantomeno di quelli futuri. Allo stesso tempo sostengono di aver ricevuto “informazioni” di un complotto dell’Iran per ammazzare Trump. Se non credete a ciò che scrivo, andate a cercare in rete o a leggere gli articolo di Politico e della CNN in merito. Ci sono più falle in questi racconti che nei neuroni di Salvini, Gasparri e Renzi messi insieme. Mi pongo un semplice dilemma: non sono riusciti a fermare per tempo uno col fucile sopra un tetto a 150 metri dal palco di Trump nonostante i presenti gridassero a squarciagola la sua presenza alle forze dell’ordine, però già sanno che dietro ci stava l’Iran e che a breve, sempre l’Iran, organizzerà altri attentati. Ma sono del mestiere questi? Si, il mestiere dei pennivendoli! In ogni caso questa vicenda ha come sempre un intreccio funzionale alla indole guerrafondaia a stelle e strisce. Incolpare l’Iran consente di spegnere i riflettori su chi ci sia realmente dietro all’attentato non riuscito e consente di mettere le basi per un attentato futuro. Quale nemico migliore dell’Iran per le stelle e strisce in questo specifico momento? Non sia mai dovesse accadere qualcosa che consenta di designare l’Iran come una minaccia concreta alla sicurezza nazionale Usa, percorreranno questa strada perché va bene per tutti. Va bene per gli Usa e va bene per Israele. Andrebbe bene anche per i sostenitori di Trump (giusto per tenerli a bada altrimenti finirà in guerra civile) visto che sulla questione mediorientale è molto più radicale di Biden, neocon e democratici. Hanno individuato il nemico perfetto da trasformare in capro espiatorio sempre allo scopo di portare avanti la loro politica estera guerrafondaia. E non esisteranno un secondo a perseguire questa strada qualora le condizioni dovessero permetterlo. Serve una sola cosa: il casus belli. E come abbiamo visto, non è che abbiano così tanti problemi nel crearlo. Perché l’occasione di far fuori Trump (che ripeto non nutro alcuna simpatia politica nei suoi confronti!) e allo stesso tempo scagliarsi contro l’Iran è davvero molto, ma molto ghiotta. E badate bene una cosa, in tutta questa vicenda, non è assolutamente marginale il ruolo di israele. Soprattutto perché attraverso l’AIPAC influenza in modo abbastanza pesante la politica statunitense. Soprattutto quella dietro le quinte che non si vede…

La fiction democratica

I politici minano la democrazia ignorando il volere popolare, come dimostrano recenti esempi negli USA, Francia e Italia, disilludendo gli elettori.

Benvenuti fra noi

Il proiettile di Crooks colpisce anche Zelensky, che ora chiede la presenza russa nei negoziati di pace. La guerra può finire solo con un dialogo tra Russia e Ucraina.

Democrazia self-service

Immaginate se questa cosa accadesse in Cina, Russia o Iran come la propaganda ci marcerebbe sopra per costruirci una narrazione secondo la quale i cittadini vengono incentivati a farsi Giustizia da soli. Provate a immaginare i racconti o il dibattito nei talk show sullo stato di diritto eccetera eccetera. Invece tutto questo sta succedendo negli Stati Uniti d’America, dove stanno istallando distributori automatici per facilitare l’acquisto di munizioni. L’azienda American Round si occupa di questa “innovazione” (la chiamano così) e il primo distributore a essere installato, pensate un po’, è stato in un negozio di alimentari a Pell City, in Alabama. Quindi una persona che andrà a fare la spesa nel fogliettino avrà scritto così: pane, acqua, sale, uova, hamburger, Coca Cola e munizioni. A voi sembra una cosa normale? A me no! È da brividi Inoltre quello che scrive l’azienda sul proprio sito, sembra di vivere in un altro pianeta, sentite qui: “Noi di American Rounds ridefiniamo il concetto di praticità nell’acquisto di munizioni. I nostri distributori automatici di munizioni sono accessibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7, così puoi acquistare le munizioni quando vuoi, senza i vincoli degli orari di apertura dei negozi e delle lunghe file. Situati in punti strategici, i nostri sportelli automatici sono facili da usare come un bancomat, consentendo transazioni fluide che ti consentono di tornare a ciò che più conta in pochi minuti. Con American Rounds le tue munizioni sono pronte quando lo sei tu, garantendoti ogni volta un’esperienza di acquisto senza problemi.” Da segnalare l’accessibilità alle munizioni 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, perché se alle due di notte devi sparare a qualcuno che ti ha fatto girare i co*lioni, o la mattina devi andare a fare una sparatoria in qualche scuola e ti accorgi che hai fatto male i conti con le munizioni, devi poter andare a comprarle immediatamente. Non sia mai che ti metti a sparare e poi ti manchino i proiettili. Non sia mai che la carenza di munizioni ti faccia desistere dal dare il via a una carneficina a cui tanto tieni. Ma che fa, scherziamo? Vuoi mettere l’ebrezza di ridurre a scolapasta qualcuno e non poterlo fare solo perché i negozi che vendono munizioni la notte sono chiusi? Negli Stati Uniti d’America funziona così, vai al distributore automatico, dove in un paese normale dovrebbero starci solo quelli per i preservativi, le caramelle o i giochini per i bambini e compri i proiettili. Questa è la società che ci dicono di dover prendere a modello, la società superiore perché è democratica, lungimirante e difende il mondo dai cattivoni. Paradossalmente abbiamo davanti gli occhi due cose che purtroppo, grazie a una propaganda Hollywoodiana, hanno fatto in modo di tenere quanto il più possibile sotto il tappeto. “La più grande democrazia del mondo” che spende miliardi per armi e guerre e all’interno consente ai propri cittadini di armarsi fino ai denti, e “la più grande democrazia del Medio Oriente” che consegna fucili nelle mani dei propri cittadini e consente di sparare ai Palestinesi rimanendo impuniti. Gli Usa e israele sono i paesi che più di tutti al mondo hanno una società civile militarizzata e armata fino ai denti. Gli Usa e israele sono i paesi che qui ci vengono descritti come modelli virtuosi di democrazia e diritti e c’è purtroppo chi ci crede. Abbiamo un problema molto grande: quel problema è culturale e deriva da una classe dirigente e un’informazione totalmente serva e corrotta… Giuseppe Salamone

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