Luglio 2023

Coalizione a ripetere 

Da quando il popolo vota all’opposto dei sogni di Repubblica, i salotti e le terrazze a mezzo stampa lo insultano per non sforzarsi di capirlo. E a farne le spese è l’unico soggetto che ancora li sta a sentire: il Pd che, a furia di seguirne i consigli, dimezza i voti a ogni elezione.

Alain e i giovani d’oggi

di Marco Travaglio Non ci sono parole per denunciare il vile agguato subìto da Alain Elkann sul treno Italo Roma-Foggia. È lui stesso a narrarne le drammatiche sequenze in un “breve racconto d’estate” che, visto l’autore (il padre del padrone) e soprattutto la prosa (notevoli le virgole tra soggetti e verbi), Repubblica ha collocato in Cultura sotto lo straziante titolo “Sul treno per Foggia con i giovani ‘lanzichenecchi’”. L’orda barbarica che ha proditoriamente funestato il suo viaggio in prima classe era composta dal vicino, “un ragazzo di 16-17 anni, T-shirt bianca con scritta colorata, pantaloncini corti, zainetto verde e iPhone con cuffia per ascoltare musica”; e, nelle altre file, da “altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo… Alcuni avevano in testa (anziché su un ginocchio o su un gomito, ndr) il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi” e, quel che è peggio, “avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi”. Un dress code premeditato con cura dai manigoldi per molestare l’Elkann, che indossava, “malgrado il caldo, un vestito stazzonato di lino blu e una camicia leggera”. E portava una curiosa “cartella di cuoio marrone” (il cuoio di solito è viola a pois fucsia) “dalla quale ho estratto il Financial Times, New York Times e Robinson, l’inserto culturale di Repubblica” (La Stampa no: ci scrive da trent’anni, ma non la legge). Ma pure “il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust”, che “stavo finendo di leggere in francese” (anziché nella comoda traduzione in foggiano). Ma le estrazioni non sono finite: “Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica” (non con quella di un altro, o con un più pratico stiletto acuminato per tavolette cerate sumere). Che faceva intanto l’orda lanzichenecca al cospetto di cotanto intellettuale in lino blu? Si raccoglieva in religioso silenzio sbirciando di straforo il Financial Times o la Recherche? Magari: “Erano totalmente indifferenti alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente” (strano, un tipo così alla mano). E “parlavano ad alta voce”: non dei listini di Borsa o de l’amour de Swann, ma “di calcio” e “ragazze” da “cercare in spiaggia” o “nei night” (ma noi giureremmo che abbian detto “tabarin” e “café chantant”). Dicevano financo “parolacce” e “nessun passeggero diceva nulla”, forse per “paura di quei ragazzi tatuati”, ergo capaci di tutto. Lui, riavutosi dalla scoperta scioccante che “per andare a Foggia bisogna passare per Caserta e Benevento”, anziché da Chamonix, è sceso a Foggia. E “nessuno mi ha salutato”. Ma lui, furbo, “non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani ‘lanzichenecchi’ senza nome”. Tiè: così imparano. Il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2023

Stefano Patuanelli

Non aprite quella porta

Delle frasi di Patuanelli sul finanziamento pubblico ai partiti abbiamo apprezzato più la precisazione che le parole dal sen fuggite davanti a Verderami del Corriere.

La gazzella e i cazzari

Ogni mattina, come sorge il sole, la Meloni si sveglia e deve scegliere fra due opzioni: correre più veloce delle cazzate dei suoi ministri, o inseguirli con sparate ancor più grosse

Sturm und Draggi

Un anno fa l’Italia tornava a essere una democrazia normale: si dimetteva Draghi, l’ex banchiere chiamato il 2 febbraio 2021 da Mattarella per un governo-ammucchiata

I travestiti

di Marco Travaglio Non potendoli purtroppo affidare agli infermieri per un bel Tso collettivo (hanno l’immunità pure da quello), non resta che guardarli e farsi quattro risate. Parliamo dei cialtroni che ci sgovernano e che i cretini de sinistra chiamano “sovranisti” o “fascisti”, senz’accorgersi che qualunque aggettivo diverso da “berlusconiani” li nobilita. Giorgia Meloni, che ha il grave torto di averli riciclati e arruolati con maquillage posticci sotto le insegne della presunta “destra”, li aveva pregati di dismettere almeno per un giorno i piedi di porco, i grimaldelli, i passamontagna e le calzamaglie nere e di travestirsi da persone perbene, per poter celebrare l’anniversario di Borsellino senza lanci di pomodori. Era riuscita persino a levare per qualche ora il fiasco a Nordio, che s’era affacciato in Parlamento per dire l’opposto di ciò che ha sempre detto e pensato sul concorso esterno (anche se continua a confonderlo con il concorso di bellezza). Mattarella se l’era bevuta e aveva sbloccato la schiforma della giustizia, dopo che per giorni e giorni i turiferari l’avevano dipinto come “argine” e “baluardo” ritto e tetragono a protezione dell’abuso d’ufficio e degli impegni internazionali dell’Italia. Insomma, tutto sembrava filare liscio, quando alla Camera s’è votato sulla direttiva anti-corruzione del Parlamento e del Consiglio europei, con strumenti in gran parte già in vigore da noi grazie alle leggi Severino e Bonafede: carcere fino a 6 anni, incandidabilità dei corrotti, limiti all’immunità, termini di prescrizione “sufficienti a fare giustizia”, controlli anche sui funzionari europei e naturalmente sanzioni per i reati tipici dei tangentari, incluso l’abuso d’ufficio. La direttiva nasce dallo scandalo delle mazzette pagate da Qatar e Marocco a diversi eurodeputati, quasi tutti italiani e di sinistra. Tant’è che le destre nostrane l’hanno giustamente cavalcato. Ieri però Pd, M5S e Avs hanno votato a favore, mentre a bocciare il documento Ue sono state proprio le destre, con le consuete ruote di scorta calendian-renziane. Il motivo l’ha spiegato il relatore meloniano Antonio Giordano col solito gargarismo “garantista” pieno di vuoto: le norme più dure contro le euromazzette sarebbero – testualmente – “in palese contrasto con i principi di sussidiarietà e proporzionalità”. Come fosse antani. La supercazzola ricorda quelle di B.&Bossi per bocciare nel 2001 il trattato sul mandato d’arresto europeo (“garantismo” contro “Forcolandia”). E serve a celare il terrore che pervade il grosso dei parlamentari quando leggono, accanto al rinfrancante termine “corruzione”, il terribile prefisso “anti”. Un riflesso condizionato tipo dottor Stranamore, che fa scattare non il braccio teso, ma la mano prensile. Dicono Borsellino e pensano al portafogli. Il Fatto Quotidiano, 20 luglio 2023

Il grande Marcello

Marcello Dell’Utri aveva 30 milioni di ragioni per cucirsi la bocca con i pm che indagano sulle stragi del 1993-‘94. Vedi mai che gli scappasse qualche parola di troppo.

La marina mercantile

Il Giornale: “Marina dice basta”. Perbacco, roba grossa. Stiamo parlando di Marina B., primogenita del noto pregiudicato da poco scomparso, che manda un messaggio alla Meloni (e a chi altri?) perché “riformi la giustizia” e la renda “uguale per tutti”.

Ma mi faccia il piacere | 17 luglio 2023

di Marco Travaglio Il bello della Giustizia/1. “Non commento il Fatto quotidiano per ragioni estetiche” (Carlo Nordio, FdI, ministro della Giustizia, 12.7). Ha parlato Brad Pitt. Il bello della Giustizia/2. “Nordio grande ministro” (Salvatore Baiardo, condannato come favoreggiatore dei boss Graviano, TikTok, 12.7). Sono soddisfazioni. Trentatrè trentini. “Entro una settimana l’emergenza sarà superata. Ma per raggiungere l’eccellenza, perché Roma sia pulita come merita, come un borgo del Trentino, ci vorranno un paio di anni” (Roberto Gualtieri, sindaco Pd di Roma, 18.7.2022). Ne manca uno, ma ci siamo quasi. Zac! “La castrazione chimica per pedofili e stupratori è una storica battaglia della destra, dimenticata nel decreto sicurezza del governo. Per questo Fratelli d’Italia l’ha ripresentata con un suo emendamento” (Giorgia Meloni, FdI, 3.11.2018). “Per far approvare la castrazione chimica chiamiamola ‘scelta temporanea di azzeramento della libido’” (Ignazio La Russa, FdI, Secolo d’Italia, 5.4.2019). Pare che, a scanso d’equivoci, Leonardo Apache abbia fatto sparire da casa tutte le forbici. Idem Santanchè. “Sono certa della buona fede della Idem ma le dimissioni sarebbero auspicabili. Serve atto di responsabilità: politica deve dare l’esempio” (Giorgia Meloni, leader FdI, 20.6.2013). Come passa il tempo. Agenzia Sticazzi. “Mi nutro di fatica fisica e sport e adoro parlare con la gente… Sono figlio di mio padre” (Pier Silvio Berlusconi, lettera a Repubblica, 29.6). Mo’ me lo segno. L’intenditore. “Concorso esterno in associazione mafiosa. Il reato che non c’è. Anche Falcone aveva molti dubbi” (Piero Sansonetti, Unità, 14.7). Infatti fu il primo ad applicarlo nella sentenza-ordinanza del maxiprocesso-ter a Cosa Nostra il 17 luglio 1987. Lo storico. “Sul patto tra il Cav. E Cosa Nostra non c’è una prova” (Salvatore Lupo, storico, intervista al Foglio, 14.7). A parte la sentenza definitiva della Cassazione del 9 maggio 2014 che condanna irrevocabilmente Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa: “Tra il 16 e il 29 maggio 1974 veniva concluso l’accordo di reciproco interesse tra Cosa Nostra, rappresentata dai boss mafiosi Stefano Bontate e Mimmo Teresi, e l’imprenditore Silvio Berlusconi”. Via B. angolo via Betulla. “Sindaco Sala, ci ripensi. Via Berlusconi si può fare” (Renato Farina, Libero, 11.7). Suona bene: via Berlusconi. Nostradamus. “Il telefonino di La Russa jr. non verrà sequestrato” (Messaggero, 14.7 mattina). “La Russa, la procura di Milano sequestra il cellulare del figlio Leonardo” (Messaggero, 14.7 sera). Senza parole. Etica etrusca. “Boschi: ‘La doppia morale rende Meloni come Grillo’” (Repubblica, 11.7). C’è chi ce l’ha doppia e chi non ce l’ha proprio. Chi offre di più? “Le stime parlano di 200 mila soldati russi morti in Ucraina” (Stampa, 20.2). “50.000 morti russi” (Anna Zafesova, Stampa, 11.7). Sembra ieri che erano il quadruplo. Accontentatelo. “Salario minimo. La soglia di 9 ero l’ora è alta e sbagliata nel metodo” (Luciano Capone, Foglio, 11.7). Idea: pagare Capone 8,9 euro l’ora, se non sono troppi. Reati inutili. “Strage di Erba: ‘Olindo e Rosa innocenti’, Tarfusser chiede di riaprire il caso” (Repubblica, 15.4). “Cuno Tarfusser: ‘Concorso esterno e abuso d’ufficio? Reati inutili: giusto cambiare” (Giornale, 15.7). Ma pure la strage. Imputati inutili. “La vera separazione delle carriere che serve non è tra pm e giudici, ma tra giudici bravi e giudici incapaci. Per questo noi del Riformista lottiamo. Lo facciamo anche a costo di sacrifici personali. Ieri ho ricevuto l’ennesima condanna alle spese da parte della solita giudice NoVax e NoWiFi: la dottoressa Zanda, casualmente di Firenze… Condannato da una giudice che non rispetta le leggi. Non è magnifico?” (Matteo Renzi, Riformista, 15.7). È magnifico il fatto che il direttore editoriale di un giornale, casualmente di Firenze, si rivolga al Tribunale di Firenze per chiedere 2 milioni a un giornale (la Verità), un giudice di Firenze gli dia torto in base alla legge e quello piagnucoli perché scambia la soccombenza per una condanna e soprattutto perché l’ha giudicato un giudice di Firenze. Il titolo della settimana/1. “La storia di Forlani ci ricorda cosa sono le vere persecuzioni giudiziarie” (Sergio Soave, Foglio, 8.7). Nel senso che confessò la maxitangente Enimont e fu condannato fino in Cassazione. Il titolo della settimana/2. “Pierferdinando Casini: ‘Forlani ha pagato per tutti’” (Giornale, 8.7). Quindi c’entrava pure Casini? Il titolo della settimana/3. “Tajani, ‘campagna acquisti’ per la futura Forza Italia. Tra le ipotesi anche nomi M5S” (Corriere della sera, 14.7). Sempre per pulire i cessi a Mediaset? Il titolo della settimana/4. “Ma c’è sempre un fascista che gli scappa il braccio teso…” (Piero Sansonetti, Unità, 13.7). Ma ora l’Unità è un giornale straniero? Il titolo della settimana/5. “Biden su Kiev: ‘Non vacilleremo’” (Messaggero, 13.7). Poi si schianta al suolo. Il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2023

Ignazio e Apache La Russa

Fort Apache

È possibile che il Senato, trasformato in Fort Apache e presieduto dal padre dell’indagato, debba presto votare su una o più richieste dei pm che indagano sul figlio.

Il santo

Oggi esce con PaperFirst il libro di Marco Travaglio “Il Santo. Beatificano B. per continuare a delinquere. Il libro definitivo per non dimenticare nulla”. Ecco un’ampia sintesi dell’introduzione.

Caso Santanche Governo sempre piu in difficolta Natangelo

Il B. sbagliato

Le parole della premier Meloni contro l’entrata a gamba tesa di La Russa nell’indagine sul figlio, pur tardive, le fanno onore. Quelle su giudici e giornalisti invece sono indecenti. E quelle su Nordio imbarazzanti.

Arnaldo Forlani

Sant’artiglio

La fabbrica dei santi dello Stato, molto meno selettiva di quella della Chiesa, ne ha sfornati altri due in un sol giorno. Non bastando San Silvio, pure Arnaldo Forlani e Attilio Fontana.

Paolo Mieli

Aggressore e aggredito

Se gli storici della Seconda Repubblica saranno tutti come Paolo Mieli, le future generazioni crederanno che per “trent’anni (e passa) dall’inizio di Tangentopoli” l’Italia sia stata dilaniata da una “arroventata tenzone tra Politica e Giustizia”, finita “con la Politica a brandelli”.

Carlo Nordio

Schiforme a grappolo

Unendo i puntini delle dichiarazioni destronze e degli spifferi delle “fonti del ministero”, si ottiene la Grande Riforma della Giustizia che l’Italia attende fremente da trent’anni e che sarà necessariamente modellata sui processi che investono e via via investiranno membri del governo e della maggioranza, inclusi congiunti e amici degli amici.

Stanno tutti bene

Dice la Meloni: “Non pensino di farmi fare la fine di Berlusconi”. A parte che sfugge il soggetto del “non pensino”, non spiega quale sarebbe la “fine” di B. che lei non vuol fare: morire o allearsi con la Meloni?

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte: Chi ha paura?

Fratelli d’Italia e i loro sodali anche renziani, hanno paura di una Commissione Covid che si occupi anche di come le Regioni – quasi tutte in mano al centrodestra – hanno gestito la pandemia e la sanità territoriale

Matteo Renzi

Coerenzi

Per quanto fosse tecnicamente impossibile, Bin Rignan è riuscito a rendersi più ridicolo della Santanchè. Le sue lezioni di coerenza sono ancor più comiche di quelle di garantismo della Pitonessa.

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